In questo periodo di reclusione forzata, che a me non pesa per niente perché adoro stare per i fatti miei, e anzi nella prossima vita rinasco bibliotecaria o monaca di clausura o eremita, sto lavorando sul quarto pezzo, dopo Vento, Nube e Fluire.
Rispetto agli altri tessuti, e in particolare a quello di Fluire, che è ricavato da un corredo di cotone molto spesso e rustico, questo ha caratteristiche completamente diverse; è parte di un vecchio lenzuolo di lino, molto liso, quasi impalpabile. Per quanto cerchi di essere delicatissima, quando l’ago passa crea dei buchi che sembrano delle voragini. Nonostante questo l’intrico di fili sembra tenere insieme la stoffa, un po’ alla meno peggio, rafforzandola e trafiggendola al tempo stesso.
Adoro sentire sotto le dita questo velo semitrasparente intrecciato di fili decisi, fragile e insieme tenace. Ogni volta che la matita diventa troppo invadente e mi impedisce di seguire il disegno per bene sono costretta a lavarla via, e ho sempre paura che il passaggio in lavatrice lo disfi del tutto visti i bordi, già pesantemente sfilacciati.
Tutte le stoffe, dopo il lavaggio e l’esposizione al sole sul mio terrazzo — rigorosamente sospese ad una corda di canapa con mollette di legno — diventano più rigide, e prendono quasi la consistenza della carta, che da buon grafico ovviamente adoro. Poi maneggiandole diventano via via sempre più morbide e cedevoli, e sempre più difficili da ricamare.
Più sono molli e inconsistenti più è complicato seguire la traccia a matita; quando le inserisco nel telaio danno tutta l’impressione di strapparsi tra le mani da un momento all’altro; se le tendo troppo il disegno si deforma e poi quando le smonto il ricamo è tutto storto; se le tendo troppo poco formano delle onde, insomma ma chi è che vuole avere a che fare con situazioni semplici e lineari? Io sicuramente no. Tutto ciò che è contorto e diverso mi attrae come una calamita.
Un’aspetto molto bello dei ricami più piccoli è che me li posso portare in giro (o meglio me li potevo portare in giro quando ancora si poteva uscire di casa :-D). Questo ad esempio me lo sono portato al Maxxi a fine febbraio, forse l’ultima volta che sono uscita, ormai quasi un mese fa. Ho la curiosa convinzione che l’energia dei posti dove mi trovo si intrecci nel ricamo e lo permei magicamente, rendendolo più ricco e saggio.
Sto riflettendo molto sul fatto che vorrei che i ricami una volta esposti possano essere toccati oltre che osservati, e magari annusati. Potrei usare un’ombra di olio essenziale naturale che in qualche modo richiami la sensazione che ne ho io, come ad esempio quello di elicriso per Fluire o per Vento. Mi piace l’idea di creare qualcosa di multisensoriale, solo non vorrei in questo modo indicare una direzione piuttosto che un’altra; come ho già scritto concepisco un’opera d’arte come uno specchio, nel quale ognuno veda se stesso.
Ho anche un altro lavoro in progress, più astratto e lineare di tutti gli altri, su un panno pieno di piccoli strappi; quando i fili passano sui buchi sembrano dei piccoli ponti colorati sospesi nel nulla. Mi fanno venire in mente quelle persone che disperatamente cercano di tenere tutto insieme mentre il loro mondo si sgretola, e tirano fuori una forza inaspettata e ispirante. È per loro che vivo, per chi trascorre la propria esistenza dandole un significato, battendosi se necessario per ciò in cui crede, e rimanendo inevitabilmente ai margini del foltissimo gruppo di persone più fragili e delicate, che preferiscono seguire strade già battute o affidarsi ai dettami che vengono dall’alto, da vari ed eventuali tipi di alto.
Il mio cuore è vicino agli uomini e alle donne per i quali l’onore, la coerenza, il coraggio, la parola data, la fiducia, la sincerità e la generosità, la lealtà, sono valori che vengono prima di ogni altra cosa. Questo vorrei che le mie illustrazioni ricamate trasmettessero a chi le tocca, le annusa, le guarda.
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