Lavori

In questa pagina potete vedere alcuni dei lavori che ho realizzato negli ultimi anni.

Quasi tutti i ricami sono racchiusi in scatole realizzate assemblando oggetti di recupero, che contribuiscono a spiegare il messaggio che l’opera vuole trasmettere; il ricamo è l’anima, intima, protetta, introversa. Il contenitore è la mente, il cammino nel mondo, lo sguardo verso l’esterno, lo scambio con gli altri, il gioco.

Santi nubi – Maggio 2023

Questo lavoro esplora la relazione ormai distorta tra uomo e natura.

La paura di ciò che è più grande e arcaico ha portato progressivamente l’uomo a sforzarsi di controllare gli elementi nel tentativo di dominarli. Questa lotta insensata lo ha reso sempre più diffidente nei confronti della natura, vista come una matrigna, invece di sentirsi parte di essa.

L’opera illustra come gli eventi naturali, pur nella loro straordinaria forza o pericolosità, vengano oggi strumentalizzati fino a distorcerne il significato originale.

Le pagine sovrapposte dell’opera, ognuna volta a simboleggiare una diversa narrazione della realtà, mostrano come la stratificazione di messaggi costruiti appositamente possano instillare catastrofismo, e spingere l’umanità a ripararsi e chiudersi dimenticando preziose conoscenze tramandate di generazione in generazione.

Il vortice metallico sul primo strato dell’opera rappresenta il turbinio di informazioni da cui siamo quotidianamente bombardati, che rende impossibile distinguere le informazioni reali da quelle costruite; nei vari strati lo stesso evento è raccontato attraverso diversi punti di vista risultando modificato e distorto come in uno specchio deformante.

Non a caso l’ultimo strato è una rete metallica, che ci impedisce di ricongiungerci alla verità dei fatti.

Materiali e tecnica:

Ricami a mano con fili di cotone biologico e vintage su ritagli di tessuto, su garza e su disegno, montati su filo di ferro; disegno a china, merletto di cotone, rete per galline, filo di lana, ritaglio di dipinto a olio, carta argentata per il cioccolato, foglio di cellophane, 30×30 cm
Assemblaggio: rilegatura con filo di ferro, 30x30x9 cm

Collezione privata, non disponibile per la vendita

Peep show – Marzo 2023

L’opera mostra un seno, ricamato su un fazzoletto da donna di percalle, imbottito di lana racchiusa da una garza, reso più formoso da una protesi realizzata con un cuscino di seta ricavato da una sottoveste. La protesi è fissata dolorosamente con spille da balia che trafiggono la carne.

Il seno, una sineddoche del corpo della donna che si fa concetto dell’archetipo femminile, è racchiuso e costretto in una gabbia metallica, che non ha il compito di proteggerlo ma serve anzi a esibirlo e a metterlo in mostra, simile ai corpetti che la moda imponeva come canone di bellezza.

La gabbia è variopinta come quella di un uccello esotico, ricca di fronzoli e merletti che mettono in risalto la femmina come l’uomo desidera che si mostri per il suo piacere. Il capezzolo è turgido, l’areola è evidente e le forme del seno sono abbondanti, per suggerire una fertilità non più al servizio della continuità della specie ma solo della vanità e del gioco sessuale.

La donna, vestita come una bambola, è spogliata del potere della creazione per essere relegata a ornamento e trastullo.

Il coperchio della gabbia, un sorta di corona che le incombe sopra come un ragno, sembra quasi deriderla nel ruolo che le viene imposto, mentre il gioiello centrale, realizzato con una pallottola sferica in piombo di un fucile ad avancarica, incastonata con filo d’argento, la fissa quasi fosse un occhio lussurioso che sfiora il capezzolo come una spada di Damocle.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano, fazzoletto di percalle di cotone, filo di cotone biologico e vintage 20×20 cm
Imbottitura: garza di cotone organico riempita con lana cardata di pecora
Protesi: fodera di seta imbottita con pula di miglio
Gabbia e corona: struttura in filo di ferro con base in seta e merletto, ornamenti in filo d’argento e fili colorati, proiettile di piombo, 20x20x20 cm

Iboclemea – Agosto 2022

La parola che dà il titolo all’opera non esiste; è emersa al mattino nella zona intermedia tra il sogno e la veglia come un altrove, un non luogo che non appartiene al mondo fisico, nel quale esiste il sé superiore, l’essenza primordiale di ognuno di noi connessa all’energia universale. Da questo luogo esso osserva il percorso di ogni incarnazione e ne conserva memoria.

La custodia del ricamo è un vaso prezioso di cristallo e argento, che come quello di Pandora contiene qualcosa di imperscrutabile: la stessa l’etichetta in metallo che pende sul davanti è vuota, a suggerire che non si può conoscere il contenuto.

Sollevando il coperchio ci si trova al cospetto di un occhio scrutatore, circondato da raggi di luce; il soggetto del ricamo. All’interno del vaso ruota in un’orbita infinita una sfera di vetro lattiginoso, il bulbo dell’occhio che tutto vede.

La posizione del ricamo trasforma il centrino quadrato in un rombo, mutandolo da figura stabile, equilibrata e solida in qualcosa di flessibile e adattabile, vitale, in movimento, come un’entità superiore che si rispetti dovrebbe essere.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano con filo di cotone vintage su centrino di percalle di cotone,  28×28 cm
Contenitore: zuccheriera di cristallo e argento, catenina d’argento, targhetta porta etichette di metallo, biglia di vetro, 8,5×8,5×11 cm

Tutto è vano al di fuori di questo cielo infinito – Luglio 2022

Il titolo di quest’opera è tratto da una frase del romanzo Guerra e pace di Tolstoj e testimonia la pochezza delle azioni degli uomini di fronte all’immensità dell’universo.

Il soggetto del ricamo è un iris, fiore che rappresenta la fiducia assoluta, la saggezza e la speranza, su cui è posato un insetto volante, che una volta è stato un bruco che si è forse nutrito della stessa pianta.

Bruchi e insetti sono considerati parassiti, ladri di cibo, attentatori alla nostra sopravvivenza, nemici da debellare ad ogni costo, anche avvelenando le risorse da cui dipendiamo entrambi. Se riuscissimo a metabolizzare il fatto di essere parte integrante del nostro comune ciclo vitale, capiremmo che dipendiamo dalla collaborazione con queste creature.

Il ricamo, come la scatola che rafforza e amplifica il concetto di ecosistema unico, auspica la pace tra le creature della terra, e ritrae un momento sereno, di accettazione e di immersione nella natura, che ricorda che l’unico modo per prolungare la tregua è capire che tutti gli esseri viventi sono connessi tra loro.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su pannolino vintage di lino, 50×49 cm
Contenitore: scatola di latta vintage di caramelle, disegno a penna e pastelli colorati, fiori di carta fatti a mano, sapone fatto in casa, dado di vetro, granuli omeopatici, sfere di argilla cruda 25x18x11 cm

Un altro giorno sulla terra – Marzo 2022

Quest’opera trae ispirazione dal racconto di Čechov “Brava gente” nel quale fratello e sorella discutono sulla non resistenza al male da due punti di vista antitetici, fino ad allontanarsi irreparabilmente.

Come nel racconto, anche l’opera è strutturata su due piani paralleli e contrapposti. Sia i ricami che la custodia sono speculari ed equivalenti; nessuna delle due convinzioni prevale sull’altra ma esse si compenetrano, come nel concetto cinese di yin e yang, fondendosi e dando vita a un ciclo continuo in cui coesistono.

In un conflitto non è possibile giudicare se sia più eticamente giusta la decisione di ribellarsi o quella di subire perché la realtà non è duale ma è un flusso continuo, le energie che la compongono sono in costante trasformazione l’una nell’altra ed è sbagliato vedere l’esistenza divisa in principi fondamentali radicalmente distinti e separati tra loro.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano con filo di cotone biologico su due fettucce di cotone ritagliate da vecchie federe,  56×2,5 cm e 56×2,5 cm
Custodia: scatola di latta, scatto fotografico realizzato con macchina a foro stenopeico autocostruita, targa di metallo, vassoietto di metallo, catenina di metallo, 10,5×10.5×4 cm

Chi nascerà pesciano – Febbraio 2022

L’opera racconta il rapporto conflittuale e complesso tra madre e figlia.

La madre è una figura archetipica che porta con sé molte contraddizioni: è nutrimento, radici, memoria, appartenenza, e al tempo stesso qualcosa da cui allontanarsi per trovare la propria identità.

È il primo rapporto intimo che conosciamo e forse il più intenso; solo attraverso un percorso di separazione che dura tutta la vita è possibile vedere la persona che ci ha generato per quello che veramente è.

Ricostruire la figura materna da adulti non è diverso dal cercare di afferrare memorie sfuggenti come pesci, da conservare e catalogare dentro provette.

I 21 pesci dei ricami rappresentano le molteplici sfaccettature della sua personalità: un innato istinto di sopravvivenza, il bisogno di sfuggire a ogni costrizione e al tempo stesso di uniformarsi al branco, un’ostinazione quasi autistica da indossare come un’armatura per proteggere la sua estrema fragilità.

La scatola è composta da elementi solo apparentemente casuali o in contrasto tra loro: oggetti acuminati da cui guardarsi, materiali fragili da maneggiare con cura, resti animali come ingredienti rituali per esorcizzarne il mistero, oggetti di uso quotidiano come amuleti per carpirne l’essenza.

La filastrocca da cui prende origine il titolo, sentita pronunciare dalla madre dell’artista innumerevoli volte fin dall’infanzia, racchiude tutta la forza del pensiero magico di una donna che ha dovuto aggrapparsi alla volontà per andare avanti nella vita crescendo da sola tre figli, senza però riuscire a realizzare ciò che desiderava.

”Chi nascerà pesciano / ha la fortuna in mano / con molta forza e ardire / conquista posti e lire / riflette ed intuisce / ma guai se l’atterrisce / l’accumulo dei beni / sorvegli sangue e reni”.

Materiali e tecnica:

Ricami a mano, filo di cotone biologico su ritagli di diversi tessuti vintage 20×10 cm
Contenitore: scatola di cartone ricoperta di cartoncino acquerellato, provette di vetro, oggetti vari di recupero, spine di istrice, rami di rosa, pelliccia di visone, vertebre di pesce, stampe fotografiche, 20×13,5×8 cm

Mostruosità dell’eccesso – Settembre 2021

Questa terza opera ispirata dalla lettura del racconto di Borges “Funes il memorioso” esplora di nuovo uno degli ultimi territori inviolati, per molti versi ancora un mistero insondabile: la mente umana e i suoi meandri.

In particolare il ricamo e il suo involucro si focalizzano sulla memoria e le sue innumerevoli sfaccettature. Prendendo spunto dallo scritto, l’opera immagina la mente come un grande palazzo le cui stanze traboccano di ricordi che evocano emozioni, episodi, traumi e speranze.

In questo senso ognuno di noi è il custode del magazzino di un accumulatore seriale che non riesce a liberarsi di ogni tipo di cianfrusaglie scaturite dalla somma degli istanti di una vita, apparentemente senza un senso logico.

Come decidere quali ricordi siano più importanti? Quali tenere e quali scartare? Per ognuno di noi un incarto di caramella, una chiave, un soldatino rotto diventano autentici tesori, perché sono porte che aprono mondi.

Con questa logica misteriosa la candida semplicità della stoffa viene accostata, in evidente contrasto, all’insieme barocco dell’involucro di carta ricco di colori, disegni e cassetti da cui estrarre oggetti che sembrano raccolti da un bambino dopo una mareggiata, a rappresentare la mente del protagonista, al tempo stesso sconnessa e puntigliosa nel tentativo di controllare l’incontrollabile.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su striscia di cotone ritagliata da un lenzuolo proveniente da un vecchio corredo ricamata a mano, filo di cotone biologico e vintage, 2×166 cm
Involucro: ritaglio di cotone leggero avvolto su oggetti di recupero, una radice di sedano, un fischietto di argilla
Contenitore: busta postale di carta da pacchi, oggetti di recupero, ritaglio di camicia da smoking, cucchiaino d’argento, disegno a penna, scatti fotografici, documento del 1880 sulla cessione di una nicchia sepolcrale di San Giorgio a Cremano, 17×25 cm

Invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori – Marzo 2021

Il titolo di quest’opera, realizzata un anno dopo il lockdown del 2020, mentre venivano minacciate nuove restrizioni contro il desiderio comune di ricominciare a vivere liberamente, è tratto dal verso di una poesia di Veronica Shoffstall, “After a while”.

Come la poesia, il ricamo e la scatola descrivono la volontà di intraprendere una rinascita, scaturita dalla conquista di una consapevolezza recentemente acquisita che obbliga a rifiorire, dopo un sofferto periodo di letargo, per ricoprirsi di luce e colori.

È un inno alla primavera, a una pasqua pagana, all’esaltazione della ciclicità della vita, che dopo ogni fase di chiusura esplode con un innato carico di potenzialità ancora vergini.

Tutto qui è germoglio, bocciolo, opulenza, a partire dal fiore del ricamo che esplode come un fuoco d’artificio, fino al brulicare di vita che sembra rendere omaggio alla figura alata, che sovrasta il coperchio della scatola come un totem, annunciando con il suo sonaglio l’arrivo di una resurrezione, mentre sul fondo insetti laboriosi rimuovono i resti del passato.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su fazzoletto vintage di lino 20×21 cm
Contenitore: scatola giapponese di tè verde al gelsomino, spremiagrumi di legno, decorazione di metallo, ciondolo d’argento, perline di vetro, denti di una spazzola di legno, e filtro di lavello, gabbia di filo di rame argentato, disegno a penna su carta velina, ritagli di fili di cotone organico, semi di lavanda 16×19 cm

Saffron – Marzo 2021

Questo ricamo rappresenta un bulbo di zafferano fiorito. Il suo fiore colorato si inerpica su un ritaglio alto e stretto ricavato da un vecchio sudario, ispirato a un’incisione botanica tratta da un erbario del 1500.

Il simbolismo esoterico del croco, fin dalla parola araba sa’fran, che significa “splendore del sole”, richiama ricchezza materiale e spirituale; ma anche benessere, gioia e felicità. Donare zafferano fin dai tempi antichi era augurio di una vita lunga e prospera.

Questo significato viene rafforzato dalla forma allungata del disegno che dal bulbo si srotola lungo tutta l’altezza della pianta fino ai petali, nella tensione di ascendere verso la luce del sole. Dalle profondità della terra il bisogno di farsi luce sembra protendersi verso l’alto: una promessa di crescita personale sia terrena che celeste.

Anche la scatola ribadisce questo concetto nei colori sgargianti e nelle applicazioni metalliche, che la fanno sembrare il cofanetto di un dono prezioso. La targa incollata su uno dei suoi lati, recuperata da un vecchio ascensore, è un ulteriore monito all’impellenza di innalzare se stessi.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su ritaglio di sudario in lino 43×9 cm
Scatola: scatolina cubica di cartone, oggetti di recupero, collage, scatti fotografici, disegni, targhetta di ascensore, 7,5×7,5×7,5 cm

Collezione privata, non disponibile per la vendita

Giochi ogni giorno – Febbraio 2021

Quest’opera deve il suo nome all’incipit di una poesia di Neruda, molto più conosciuta per il suo verso finale, in cui il poeta dice all’amata di voler fare a lei ciò che la primavera fa ai ciliegi.

A differenza della poesia qui tutto è incentrato sull’amore per la vita stessa, sulla celebrazione dei momenti vissuti allegramente, evocati dal ricamo floreale e dagli oggetti che compongono la scatola; le spille da balia che corrono sul bordo inferiore del ricamo tintinnano e luccicano come a voler richiamare l’attenzione nello scandire di istanti che passano.

I colori sgargianti degli strati di pittura a olio, le monete, le foglie, i semi, il legno, e lo specchio sul cuscino di raso rosso, simile a una luna piena, richiamano i diversi aspetti dell’esistenza, dai più profondi ai più futili, che la rendono degna di essere vissuta.

È un’esortazione al gioco, alla leggerezza, all’importanza di ricordarsi di vivere lasciandosi cullare con fiducia dalla corrente

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su polsino di una camicia di cotone, spille da balia 25×4 cm
Scatola: portapennelli da calligrafia cinese, astucci di latta, semi di fiori melliferi, di ginepro, coriandolo e pimento, pompette di gomma per contagocce, specchietto, foglie secche, monete cinesi, 30x9x6 cm

I miei sogni sono come la vostra veglia – Febbraio 2021

Secondo lavoro ispirato al racconto di Borges “Funes il memorioso”. Fin dal titolo, che richiama una frase pronunciata dal protagonista, quest’opera esplora la complessità dei percorsi mentali che si affastellano in modo ossessivo, senza lasciarci più andare.

Ogni elemento contribuisce a ribadire questo concetto: la scelta di uno sparato di camicia particolarmente elaborato come base; i fili che si diramano dalla scritta verso l’esterno come tentacoli, quasi fossero collegamenti sinaptici che uniscono pensieri e associazioni di idee; la ripetitività modulare dei ceci sul fondo della scatola, uguali tra loro ma non identici; il suono tintinnante delle provette che scandiscono il tempo; persino il ricamo della passiflora, un intricato labirinto di petali e stami, dal profumo penetrante che lascia quasi frastornati.

Materiali e tecnica:

Due ricami a mano sovrapposti, su garza di cotone e sul ritaglio un di sudario, cuciti su uno sparato di una camicia di smoking, provette di vetro, perline di vetro, 11×23 cm
Scatola: scatola di latta rivestita di carta velina, disegno a gessi colorati e penna a sfera su carta velina, fili di seta, ceci secchi, filo di ferro arrugginito, 16x11x3,5 cm

Il memorioso – Febbraio 2021

Prima opera del trittico ispirato al racconto di Borges “Funes il memorioso”.

La frase, ricamata su una spessa fettuccia ricavata dal bordo di un lenzuolino vintage di cotone, è tratta dal passaggio del brano in cui la voce narrante è colpita dalla consapevolezza che ogni sua parola della conversazione con il protagonista resterà impressa per sempre nella sua memoria come scolpita nella roccia.

Anche l’atto del ricamare trasforma le parole in qualcosa di immanente, quasi eterno, e la presenza di bottoni di madreperla di foggia e dimensioni diverse, cuciti in fila per tutta la lunghezza della fettuccia, ribadisce con cadenza maniacale la permanenza e l’unicità delle lettere nel tempo.

Quest’opera rappresenta anche un primo esperimento di realizzare un ricamo che potesse essere indossato intorno al polso o avvolto intorno a un supporto, come una preghiera laica a monito di selezionare attentamente le parole da usare e a pesarne il significato.

Materiali e tecnica:
Ricamo a mano su fettuccia di cotone, bottoni di madreperla, 85×2 cm
Scatola: scatolina per gioielli proveniente da una città degli Stati Uniti, Attleboro, in Massachusetts, ritaglio di telo per sudari 10×7,5×3 cm

Nel fosso – Settembre 2020

Terza opera della serie degli arcipelaghi, nei quali si esplora il tema del viaggio come sollievo dall’ossessione del controllo.

A differenza di Sottocosta, che ritrae uno scorcio calmo e ozioso, come quello di una barca a vela ormeggiata a breve distanza dalla terra, e di Naufragare, che suggerisce l’affidarsi alle forze della natura, la raccolta spontanea delle risorse in una situazione imprevista, quest’opera ricostruisce l’esperienza sensoriale della traversata su un vecchio traghetto, e in particolare le suggestioni della sala macchine, che in gergo viene chiamata il fosso.

La mappa del ricamo diventa strumento per raggiungere obiettivi prefissati, per tracciare con precisione la rotta stabilita; la scatola e gli oggetti evocano la spinta dei motori, il tanfo della nafta e del lubrificante, i rumori delle macchine, la salsedine che corrode il metallo.

È ancora viaggio come meditazione; in questo caso non è più vagare, ma collaborazione tra uomo e mare per raggiungere una destinazione. L’abbandono del  controllo mentale è raggiunto attraverso il lavoro manuale che permette di entrare in uno stato di presenza nel momento presente. Il coinvolgimento fisico e l’attenzione concentrata sull’azione ci riconnettono con le nostre radici restituendoci chiarezza mentale e un senso di continuità e di appartenenza a una tradizione umana più ampia.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su strofinaccio di cotone, 66×30 cm
Scatola: barattolo di latta, sega circolare, scatti fotografici, rete metallica per galline, alghe secche, guarnizione di gomma, bracciale di metallo, piletta di lavello, barattolo di vetro pieno di acqua salata e pietre marine, bulloni, chiodi, guarnizioni metalliche, chiave arrugginita, tubetto di colla quasi del tutto vuoto, sale marino, una boccetta di vetro piena di grasso minerale per motori, 12,5×12,5×11 cm

Naufragare – Agosto 2020

Secondo lavoro del trittico degli arcipelaghi (insieme a Sottocosta e Nel fosso), anch’esso realizzato su tessuto macchiato con granuli di ferro.

Il naufragio non è qui inteso come esperienza violenta e drammatica, ma come svolta imprevista che si trasforma in un rifugio rassicurante dove trovare asilo dalle avversità della vita.

La tempesta, che sembrava forza distruttiva, diventa invece un’alleata, che aiuta a scoprire la bellezza di essere vivi. Il mare è una madre che sostiene e accoglie, cullando con il suo respiro ondoso il naufrago adagiato su un’imbarcazione di fortuna.

Alla deriva su una zattera, circondati da oggetti recuperati dal mare che diventano preziosi amuleti, la navigazione solitaria si trasforma in un’esperienza di bellezza e scoperta di sé, nella quale l’uomo trova riparo e salvezza nella forza della natura.

La mappa del ricamo non è la rotta da ritrovare per tornare alla vita precedente, ma il resoconto delle esperienze accumulate e delle scoperte annotate nel corso del nuovo viaggio intrapreso.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su ritaglio di tessuto di lino liso e bucato, 42×52 cm
Scatola: portamatite di legno, ritaglio di un polsino di camicia da uomo, provette di vetro, aculei di istrice, sale marino, chiodi usati, semi di pomodoro, scorzonera, zucca spaghetti, cetrioli, legno portato dal mare, scatto fotografico, dinar jugoslavo del 1968, 20 centesimi di lire del 1910, che rappresentano la “libertà librata”, rocchetti di legno 22x9x9 cm

Sottocosta – Luglio 2020

Primo di tre ricami che compongono la serie degli arcipelaghi (insieme a Naufragare e Nel fosso), che ritraggono delle mappe immaginarie realizzate ricamando tessuti precedentemente macchiati con acqua e granuli di ferro.

Gli arcipelaghi sono mondi paralleli, tutti e tre incentrati sul tema del mare, paesaggi della fantasia nei quali perdersi per ritrovare la propria rotta.

Questo arcipelago già a partire dal nome evoca il lasciarsi trasportare dalla corrente su una vecchia barca; qui tutto è tranquillità, scorrere sereno, e lento srotolarsi del tempo. Le conchiglie, i sassi, i semi, anche i legni raccolti sulla spiaggia, ci raccontano di una piacevole pausa dalla realtà, dove le preoccupazioni, lo stress, i ritmi frenetici della vita moderna possono essere messi in pausa e rimandati a un non meglio precisato domani.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su tovagliolo ricavato da un robusto lenzuolo di lino proveniente da un vecchio corredo della Sabina, 42×38,5 cm
Scatola di cartone ricoperta di conchiglie, scatoline di latta, rametti, candela, portasale di cristallo, semi di finocchio, cumino nero, coriandolo, mattonella di legno tailandese, scatto fotografico vintage, baccelli dell’albero dei sonagli, egagropili, 19x19x10 cm

Anche se non voglio – Giugno 2020

Questo lavoro prende il nome da un verso molto conosciuto di una canzone di Lucio Battisti.

Ricamo e scatola raffigurano la duplice natura degli uccelli, divisa tra la sicurezza del nido e l’istintivo bisogno di librarsi in volo, e vogliono descrivere quei momenti della vita nei quali si viene travolti da un impulso incontrollabile, in questo caso il bisogno di fare arte.

Questo richiamo irresistibile, come i fischietti usati per stanare gli animali nel sottobosco, spinge ad uscire allo scoperto per seguire il proprio istinto.

Il ramo di legno a forma di uccello veglia sull’uovo racchiuso all’interno della scatola: simbolo di un nuovo inizio con tutto il suo potenziale non ancora realizzato.

La crepa sul coperchio della scatola, riparata con una colata di cera d’api a imitare l’arte giapponese del Kintsugi, ci avvisa che trascurare la nostra vocazione apre nell’anima una pericolosa frattura, che può essere sanata solo dando ascolto alla voce interiore.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su fazzoletto di lino, 19×18 cm
Contenitore: scatola di legno per cipria, cera d’api, legno marino, portapillole d’argento, trucioli di pino cembro, fischietto di argilla, semi di ciliegie, fili di rame, uovo di legno, fiori secchi di gelsomino azoricum  17x10x14 cm

Materna – Agosto 2019

Materna è incentrata su uno dei temi fondamentali, la morte come fine dell’esistenza terrena, e prende il suo nome, e il disegno del ricamo, dalle gallerie scavate dal bostrico sotto la corteccia degli alberi dove nascono e crescono le sue larve.

Nel ciclo di trasformazione della natura nascita e morte sono intimamente legate: la fine dell’albero determina l’inizio di nuove vite e la sua sostanza si trasforma per generare altra materia. Un cerchio perenne, in cui nulla si crea e nulla si perde, ma tutto diventa qualcosa di nuovo.

La scatola di metallo ricoperta di muschio e corteccia ricorda nell’aspetto e negli odori un albero secco, ed evoca vagamente lo scheletro di un uccello, come un messaggero che annuncia la decomposizione, il decadimento, e la degradazione della materia che torna terra.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su fazzoletto di lino, 17×16 cm
Contenitore: barattolo di latta, vari tipi di corteccia, terra, radici, rocchetto vintage di filo, scaglia di ardesia, spazzola per i piatti di faggio e tampico (agave messicana), 17x16x12cm

El siempre mar – Novembre 2018

Questa opera, una delle prime realizzate, esplora il tema del mare, che sarà successivamente ripreso nel trittico degli arcipelaghi.

Il suo nome è ispirato a un verso di Borges, e come nella poesia, il mare è un nume primordiale, una forza ancestrale che trascende l’esistenza dell’uomo e sfugge ai suoi tentativi di comprenderlo.

Il dermascheletro di un riccio di mare, che è anche il soggetto del ricamo, è avvolto dalla stoffa come un’ostia o un oggetto sacro di una religione pagana.

Tutti i materiali che rivestono la scatola evocano il mare, come tesori portati dalle onde raccolti in una cerimonia andina del despacho, che esorcizzi la sua furia e invochi il suo potere taumaturgico.

A rafforzare il concetto, il sale incrostato sul coperchio, la stoffa del ricamo che ricorda le reti dei pescatori, e l’interno della scatola ricoperto di conchiglie che sembrano occhi di una creatura abissale.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su fazzoletto di lino, 20×19 cm
Contenitore: scatola esagonale di cartone, dollaro di sabbia (scheletro di riccio di mare), conchiglie, legni marini, lana di pecora, monete, stelletta militare, filtro metallico, etichetta di baule da viaggio, automatico con cartoncino, egagropilo, sale marino integrale, laccio di silicone di una maschera da sub, misuratore di ph, disegno, ritaglio di stoffa tinto con petali di carciofo, carta velina, acquerelli, occhi di Santa Lucia, francobollo usa del 1961, ritagli di scatti fotografici, 12x14x6 cm

Soffia vento, vieni naufragio – Ottobre 2018

Quest’opera trasmette il messaggio che solo coloro che non hanno paura possono sperimentare l’esistenza in tutta la sua grandezza.

Il titolo cita un’invocazione pronunciata dal personaggio di Macbeth, che perde tutto cercando di forzare la sorte; solo quando abbandona finalmente il controllo, accettandone le conseguenze, scopre la vera essenza della vita.

La violenza dell’opera dell’ago sul tessuto impalpabile, tirato e corrugato dai fili, la lacerazione dei suoi bordi strappati, rappresentano la furia degli elementi, a cui i fiori del ricamo non si sottraggono, anche a costo della propria incolumità. Anche la scatola trafitta dai rami, come attraversata dalla vita stessa, e i semi piumati portati dal vento, simboleggiano l’abbandonarsi al corso degli eventi confidando nel naturale scorrere delle cose.

La corona, simbolo di regalità, diventa la consacrazione di chi ha il coraggio di vivere la vita con la leggerezza del gioco.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su ritaglio di tessuto leggero di lino, 40×35 cm
Contenitore: scatola di cartone, disegno a gessi colorati fissati con albume, corona di filo d’argento, stampo di vetro, semi di oleandro, fiore di legno colorato, rametti di legno, rosetta di un annaffiatoio, semi di fiori, bocciolo e petali di rosa, gambo di fiore, muschio, corteccia, carta velina, mattonella di argilla dipinta, 28x17x23 cm

Scivola – Agosto 2018

Questo lavoro è incentrato sulla capacità di adattarsi e trovare soluzioni senza forzare le situazioni.

Il titolo dell’opera è tratto dal film Fight Club, nel quale il protagonista si identifica in un pinguino che scivola via dai problemi lungo una distesa di ghiaccio a evidenziare “la capacità di lasciare che ciò che non ha importanza scivoli”.

L’acqua, pur lasciandosi attraversare docilmente e acquisendo la forma di ciò che la contiene, è però inesorabile nel suo fluire libera, aggirando e attraversando ogni ostacolo, ed è in grado di cambiare la forma anche della pietra o dell’alveo in cui scorre.

La presenza di tanti oggetti di vetro che interagiscono tra loro simboleggia la trasparenza, la ricerca della verità, dell’autenticità e della chiarezza, ma anche la fragilità e la vulnerabilità di fronte alle avversità e alle sfide della vita, la capacità di assumere qualsiasi forma senza rinunciare alla sua essenza, la caratteristica di lasciar passare la luce e rifletterla o anche aumentarla.

Le carpe Koi, pesci resistenti e adattabili, simboli di saggezza e fortuna nella cultura giapponese, rappresentano la perseveranza di fronte alle difficoltà. Con la loro capacità di scivolare e guizzare dentro le correnti sono l’incarnazione dell’abilità di compiere grandi imprese senza timori.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano su ritaglio di tessuto leggero di lino, 40×35 cm
Contenitore: scatola di cartone e legno, disegni a penna e a gessetti, sassi di vetro, bottiglia di tonico ayurvedico cingalese con il suo foglietto illustrativo, provetta di vetro piena di palline di vetro ricavate da cosmetici e cartucce di inchiostro, bicchiere di vetro, biglia di vetro, ritaglio di carta dipinta a olio, cartolina del 1958, scatolina di balsamo di tigre contenente un sasso bianco, ritaglio di rivista del 1891 ricamato con fili colorati, documento di viaggio di un pacco proveniente da Hong Kong, 16x32x6 cm