In alcuni preziosi momenti, quando hai a che fare con la vita, senza alcun intervento da parte della coscienza ti trovi smistato a correre su un binario che non hai scelto. Se riesci a far finta che non te ne sei accorto, e guardi da un’altra parte, le cose si allineano una dopo l’altra in modo magico, sorprendente; non sei più tu a creare. Qualcos’altro ti muove, sei uno strumento disperatamente felice, ogni cosa fluisce senza attrito.
Questa sensazione l’ho provata ad esempio quando seguivo lezioni di danza: scollegare la testa era l’unico modo di muoversi fluidamente; smettendo di contare il corpo si sintonizzava con la musica e faceva tutto da solo. Un’altra volta, un tardo pomeriggio, sdraiata di traverso sul letto, la finestra aperta, la mia coscienza si fece rarefatta, aerea. Ascoltavo la gente in strada che tornava a casa dal lavoro, e percepivo l’energia collettiva, delle persone, del tempo, degli alberi e del vento, sentendomene parte. Questa sensazione molto intensa cambiò la mia vita, e spense molte delle mie paure. Possedevo la mia individualità e allo stesso tempo ero fusa con l’energia universale, che non era più attorno a me, ma era me.
Qualcosa di simile sta cominciando a succedere con i ricami. Alcuni di essi hanno preso da soli strade impreviste; era già successo in modo diverso con uno dei primissimi esperimenti che feci, ma adesso è più fuori dal mio controllo: mi limito a fare quello che l’ago desidera, senza protestare, senza oppormi, senza suggerire direzioni. Si vede che dopo tante ore di dedizione la mente capisce che può farsi una passeggiata e molla le redini. È una sensazione veramente stupenda; finalmente soli, io e il mondo, senza filtri.
Gli arcipelaghi sono nati per una mia sbadataggine. Avevo lasciato nel lavandino della lavanderia alcuni granuli del ferro che uso per le piante. A contatto con l’acqua hanno rilasciato sullo smalto una serie di bellissime macchie color ruggine, ed è stato lì che ho pensato di provare a farlo con i tessuti. Ho pescato dal cassetto delle stoffe un vecchio tovagliolo di cotone, ricavato dal lenzuolo di un corredo, l’ho sistemato sul lavello della cucina e ci ho sparso sopra un po’ di ferro. Poi l’ho bagnato e l’ho lasciato lì un paio di giorni.
Quando si è asciugato aveva un meraviglioso profumo di ferro, come quello che avevano i traghetti per le isole quando andavo al mare. Il colore sembrava indelebile, ma per sicurezza gli ho fatto fare un passaggio in lavatrice a 90 gradi, e da lì al sole di luglio per un giorno intero: non si è scomposto di una virgola.
Ho seguito il contorno della macchia con un filo verde oro, e poi ci sono ripassata, come faccio sempre, con il filo bianco, attorno, casualmente, come se fosse una luce che lo fa risplendere e allo stesso tempo lo protegge. E quando l’ho finalmente guardato ho visto un’isola, l’angolo di un continente, una terra che emergeva dal mare, un mare bianco e aperto.
Ne ho finiti due, e adesso sto lavorando sul terzo. Un paio di settimane per finire di passare il filo bianco e poi cambio ancora. Ho voglia di sperimentare e sperimentare, e sperimentare <3
Sei unica. Ed ho il piacere di conoscerti! ❣️🙏
Chi poteva essere a scrivere il primo commento in assoluto sul mio blog? Solo tu <3 <3 <3