Lavori

I miei lavori, in ordine cronologico inverso.

Pax humana – Luglio 2024

L’installazione si compone di sette vessilli nei colori della bandiera della pace.

L’opera interroga la necessità tutta umana di legittimare l’esistenza, contrapponendola alla condizione degli esseri non-umani, che abitano il mondo senza doverne giustificare la presenza. I conflitti esistono, ma rispondono a necessità primarie, non a costrutti ideologici.

I simboli sulle bandiere rappresentano sette REietti, sette corpi marginali, sette entità rimosse perché ritenute superflue. Eppure, la loro funzione ecologica è innegabile, mentre altre specie vengono favorite secondo logiche selettive imposte dall’uomo.

Il titolo richiama la Pax Romana — una pace apparente, imposta dal dominio — e riflette sul paradosso contemporaneo di un’umanità che traccia confini non solo tra sé e l’altro, ma anche tra chi ha diritto o meno di esistere.

Materiali e tecnica:

ricamo a mano con filo di cotone su ritagli di lino sagomati e cuciti con filo di seta su bandiere ricavate da lenzuola di cotone tinte a mano, aste in legno grezzo trattato con finitura naturale.

Dimensioni: bandiere 100×70 cm, aste in legno 2,45 mt (diametro 2 cm)

Una persona succhiata dal mare – Giugno 2024

L’opera esplora l’identificazione ancestrale dell’uomo con il moto infinito del mare, origine comune e specchio delle nostre emozioni.

Un disegno infantile diventa il punto di innesco: una bambina di tre anni, attratta e spaventata dalla corrente, restituisce l’ambivalenza della relazione tra essere umano ed ecosistema, fatta di dipendenza viscerale e timore.

Mare e uomo condividono un’anatomia emotiva: oscillano tra quiete e tempesta, tra nutrimento e minaccia. Il battito del mare riecheggia quello del cuore; il sangue umano, ferroso e salato, è una memoria liquida dell’oceano. Il mare è passaggio, alleato e carnefice, un’entità che ci accoglie e ci dissolve.

Su un remo – simbolo del tentativo umano di governare le acque – si àncora un disegno trafitto dal ricamo. Il merletto e la corona evocano la regalità del mare, insieme alla reverenza e alla soggezione che esso impone.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano con fili di cotone organico e seta su disegno a penna e acquerello dell’agosto 2011, ritaglio di lenzuolo di lino vintage colorato con granuli di solfato di ferro, merletto di cotone vintage, ricamo a mano con filo di cotone vintage su ritaglio di lino, pala di pagaia di legno, corona di ferro, sasso di vetro blu, ramo di palma recuperato dal mare.

Cringe, trollare, ehi bro – Gennaio 2024

Questo trittico indaga la metamorfosi del linguaggio nell’era digitale, esplorando l’impatto di internet e dei social sulla comunicazione delle nuove generazioni.

Un pesce antropomorfo, immerso in acque torbide, si frammenta in tre pannelli. Ritagli di un vecchio vocabolario stratificano il concetto di identità linguistica, mentre neologismi del gergo digitale emergono attraverso il ricamo, tracciando un dialogo tra passato e presente.

Termini effimeri come cringe, trollare o bro condensano significati in un codice inaccessibile alle generazioni precedenti, specchiando la velocità e la sintesi della cultura online. Un lessico in continua mutazione, tra evoluzione e perdita, espansione e dissoluzione della memoria linguistica.

Materiali e tecnica:

Ricami a mano con fili di cotone biologico e vintage su carta fotografica, montata su supporto di alluminio leggero; ritagli di un vecchio vocabolario, pezzi di scheda madre, 13,5x22x2,5 cm ognuno

Peep show – Marzo 2023

Un seno ricamato su un fazzoletto di percalle emerge dalla trama del tessuto, imbottito di lana e sorretto da una protesi improvvisata, un cuscino di seta tratto da una sottoveste. Spille da balia lo fissano con crudele precisione, trafiggendo la carne.

Sineddoche di un corpo femminile frammentato e ricostruito, il seno è costretto in una gabbia metallica: non rifugio, ma espositore. Una struttura variopinta, ornata di merletti, che richiama i corpetti imposti dalla moda e le voliere degli uccelli esotici, dove l’immagine femminile viene addomesticata, estetizzata, resa oggetto di sguardo e desiderio.

Sul coperchio della gabbia, una corona ingloba una pallottola di piombo, incastonata come un gioiello. Un occhio minaccioso, sospeso come una lama sul corpo esposto.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano, fazzoletto di percalle di cotone, filo di cotone biologico e vintage 20×20 cm
Imbottitura: garza di cotone organico riempita con lana cardata di pecora
Protesi: fodera di seta imbottita con pula di miglio
Gabbia e corona: struttura in filo di ferro con base in seta e merletto, ornamenti in filo d’argento e fili colorati, proiettile di piombo, 20x20x20 cm

Santi nubi – Febbraio 2023

Quest’opera esplora la frattura tra uomo e natura, un legame ancestrale eroso dal bisogno di controllo e dalla paura dell’ignoto.

Gli eventi naturali, nella loro forza primordiale, non sono più vissuti ma tradotti in narrazione, alterati fino a perdere il loro significato originario.

Un vortice metallico stratifica il caos informativo che avvolge la realtà, confondendo percezione e costruzione. Gli strati successivi trasformano l’evento attraverso prospettive frammentate, come tracce di un racconto riscritto più volte. L’ultimo livello è una rete metallica: una barriera che, nel tentativo di proteggere, finisce per separare irrimediabilmente.

Materiali e tecnica:

Ricami a mano con fili di cotone biologico e vintage su ritagli di tessuto, su garza e su disegno, montati su filo di ferro; disegno a china, merletto di cotone, rete per galline, filo di lana, ritaglio di dipinto a olio, carta argentata per il cioccolato, foglio di cellophane, 30×30 cm
Assemblaggio: rilegatura con filo di ferro, 30x30x9 cm

Collezione privata, non disponibile per la vendita

Annodata – Settembre 2022

Un grembiule da cameriera, simbolo di lavoro e sottomissione, diventa teatro di una lotta silenziosa. Il tessuto è segnato da nodi — dubbi, resistenze, cicatrici di una volontà forzata.

La gravidanza imposta diventa sottrazione di scelta, un atto di dominio inciso nella trama del corpo.

Il ricamo, imprigionato in un barattolo di vetro, oscilla tra contenimento e visibilità. La sofferenza è esposta, ma irraggiungibile: osservata, mai realmente compresa. Il barattolo diventa una vetrina sociale, dove il dolore femminile è ridotto a ornamento, riconosciuto ma inascoltato.

L’opera interroga l’osservatore sul concetto di controllo, superando la dicotomia vittima-carnefice: qui la coercizione si estende al legame stesso, dove il potere si esercita sul corpo, sulla nascita, sulla libertà dell’altro.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano con fili di cotone vintage su grembiule altoatesino da cameriera, cordino di canapa, maglietta di lana grezza, uovo di legno, 182x20cm
Contenitore: barattolo vintage di vetro, tettarella di silicone,  16×15 cm

Un altro giorno sulla terra – Marzo 2022

Quest’opera trae ispirazione dal racconto di Čechov “Brava gente” nel quale fratello e sorella discutono sulla non resistenza al male da due punti di vista antitetici, fino ad allontanarsi irreparabilmente.

Come nel racconto, anche l’opera è strutturata su due piani paralleli e contrapposti. Sia i ricami che la custodia sono speculari ed equivalenti; nessuna delle due convinzioni prevale sull’altra ma esse si compenetrano, come nel concetto cinese di yin e yang, fondendosi e dando vita a un ciclo continuo in cui coesistono.

In un conflitto non esiste una risposta eticamente assoluta; ribellarsi o cedere non sono scelte in contrasto, ma parte dello stesso processo di trasformazione. La realtà non è statica né binaria, ma un sistema di forze interdipendenti che si alternano, si fondono e si ridefiniscono senza mai cristallizzarsi in un’unica verità.

Materiali e tecnica:

Ricamo a mano con filo di cotone biologico su due fettucce di cotone ritagliate da vecchie federe,  56×2,5 cm e 56×2,5 cm
Custodia: scatola di latta, scatto fotografico realizzato con macchina a foro stenopeico autocostruita, targa di metallo, vassoietto di metallo, catenina di metallo, 10,5×10.5×4 cm

Chi nascerà pesciano – Febbraio 2022

L’opera esplora il rapporto ambivalente tra madre e figlia, un legame fatto di radici e distacco, nutrimento e fuga.

La madre è un archetipo di contraddizioni: appartenenza e identità, memoria e perdita. È il primo rapporto intimo che conosciamo e forse il più intenso; solo attraverso un percorso di separazione che dura tutta la vita è possibile vedere la persona che ci ha generato per quello che veramente è.

I 21 pesci ricamati ne frammentano la personalità in istinto, resistenza, conformismo e fragilità. Sono memorie sfuggenti, impossibili da trattenere, come esemplari da conservare in provette.

La scatola raccoglie elementi eterogenei e simbolici: oggetti taglienti, materiali delicati, resti animali dal valore rituale, amuleti quotidiani. Un archivio intimo e caotico, che tenta di contenere l’incontenibile. Il titolo dell’opera nasce da una filastrocca familiare, ripetuta come una formula di protezione. È il residuo di un pensiero magico, l’eco di una forza instancabile che si scontra con desideri irrealizzati.

”Chi nascerà pesciano / ha la fortuna in mano / con molta forza e ardire / conquista posti e lire / riflette ed intuisce / ma guai se l’atterrisce / l’accumulo dei beni / sorvegli sangue e reni”.

Materiali e tecnica:

Ricami a mano, filo di cotone biologico su ritagli di diversi tessuti vintage 20×10 cm
Contenitore: scatola di cartone ricoperta di cartoncino acquerellato, provette di vetro, oggetti vari di recupero, spine di istrice, rami di rosa, pelliccia di visone, vertebre di pesce, stampe fotografiche, 20×13,5×8 cm

L’uomo elefante – ottobre 2020

Un feto di elefante, simbolo di potenza primitiva e resilienza, sospeso tra il divino e l’estinzione, galleggia nel ventre materno. Come tutte le gravidanze, porta con sé un carico di speranza e paura.

La zuppiera di porcellana, contenitore del ricamo, evoca un utero antico, fragile e forte, che richiama il desinare familiare. Un ombelico metallico, da cui un ramo di rosa scorre come un cordone ombelicale, collega il feto al mondo esterno.

È un simbolo della parte migliore del nostro mondo: memoria, cura, i sentimenti più puri dell’essere umano. Viviamo un’epoca in cui stiamo rischiando di perdere i valori fondamentali, come famiglia, coraggio e altruismo, minacciati dal potere, dal denaro e dalla supremazia di pochi.

Il futuro, come il feto, è puro, privo di ombre, e sta a noi preservarlo. I fili che si intrecciano attorno alla sua figura proteggono un ambiente uterino ovattato, riflettendo la memoria collettiva da tramandare. I colori del rosso, rosa e arancione evocano la luce che filtra dal grembo, simbolo dello scambio con il mondo.

Il ricamo, di grandi dimensioni, ci pone di fronte a una scena viva, di cui siamo testimoni.

Materiali e tecnica:
Ricamo a mano con filo di cotone organico su ritaglio di un lenzuolo di lino proveniente da un corredo vintage della Sabina, 122×109 cm
Contenitore: zuppiera vintage di porcellana bavarese, placca metallica, ramo di rosa, 30x19x21 cm