Lavori
I miei lavori, in ordine cronologico inverso.
Pax humana – Luglio 2024
L’installazione si compone di sette vessilli nei colori della bandiera della pace.
L’opera interroga la necessità tutta umana di legittimare l’esistenza, contrapponendola alla condizione degli esseri non-umani, che abitano il mondo senza doverne giustificare la presenza. I conflitti esistono, ma rispondono a necessità primarie, non a costrutti ideologici.
I simboli sulle bandiere rappresentano sette REietti, sette corpi marginali, sette entità rimosse perché ritenute superflue. Eppure, la loro funzione ecologica è innegabile, mentre altre specie vengono favorite secondo logiche selettive imposte dall’uomo.
Il titolo richiama la Pax Romana — una pace apparente, imposta dal dominio — e riflette sul paradosso contemporaneo di un’umanità che traccia confini non solo tra sé e l’altro, ma anche tra chi ha diritto o meno di esistere.
Una persona succhiata dal mare – Giugno 2024
L’opera esplora l’identificazione ancestrale dell’uomo con il moto infinito del mare, origine comune e specchio delle nostre emozioni.
Un disegno infantile diventa il punto di innesco: una bambina di tre anni, attratta e spaventata dalla corrente, restituisce l’ambivalenza della relazione tra essere umano ed ecosistema, fatta di dipendenza viscerale e timore.
Mare e uomo condividono un’anatomia emotiva: oscillano tra quiete e tempesta, tra nutrimento e minaccia. Il battito del mare riecheggia quello del cuore; il sangue umano, ferroso e salato, è una memoria liquida dell’oceano. Il mare è passaggio, alleato e carnefice, un’entità che ci accoglie e ci dissolve.
Su un remo – simbolo del tentativo umano di governare le acque – si àncora un disegno trafitto dal ricamo. Il merletto e la corona evocano la regalità del mare, insieme alla reverenza e alla soggezione che esso impone.
Cringe, trollare, ehi bro – Gennaio 2024
Questo trittico indaga la metamorfosi del linguaggio nell’era digitale, esplorando l’impatto di internet e dei social sulla comunicazione delle nuove generazioni.
Un pesce antropomorfo, immerso in acque torbide, si frammenta in tre pannelli. Ritagli di un vecchio vocabolario stratificano il concetto di identità linguistica, mentre neologismi del gergo digitale emergono attraverso il ricamo, tracciando un dialogo tra passato e presente.
Termini effimeri come cringe, trollare o bro condensano significati in un codice inaccessibile alle generazioni precedenti, specchiando la velocità e la sintesi della cultura online. Un lessico in continua mutazione, tra evoluzione e perdita, espansione e dissoluzione della memoria linguistica.
Peep show – Marzo 2023
Un seno ricamato su un fazzoletto di percalle emerge dalla trama del tessuto, imbottito di lana e sorretto da una protesi improvvisata, un cuscino di seta tratto da una sottoveste. Spille da balia lo fissano con crudele precisione, trafiggendo la carne.
Sineddoche di un corpo femminile frammentato e ricostruito, il seno è costretto in una gabbia metallica: non rifugio, ma espositore. Una struttura variopinta, ornata di merletti, che richiama i corpetti imposti dalla moda e le voliere degli uccelli esotici, dove l’immagine femminile viene addomesticata, estetizzata, resa oggetto di sguardo e desiderio.
Sul coperchio della gabbia, una corona ingloba una pallottola di piombo, incastonata come un gioiello. Un occhio minaccioso, sospeso come una lama sul corpo esposto.
Santi nubi – Febbraio 2023
Quest’opera esplora la frattura tra uomo e natura, un legame ancestrale eroso dal bisogno di controllo e dalla paura dell’ignoto.
Gli eventi naturali, nella loro forza primordiale, non sono più vissuti ma tradotti in narrazione, alterati fino a perdere il loro significato originario.
Un vortice metallico stratifica il caos informativo che avvolge la realtà, confondendo percezione e costruzione. Gli strati successivi trasformano l’evento attraverso prospettive frammentate, come tracce di un racconto riscritto più volte. L’ultimo livello è una rete metallica: una barriera che, nel tentativo di proteggere, finisce per separare irrimediabilmente.
Annodata – Settembre 2022
Un grembiule da cameriera, simbolo di lavoro e sottomissione, diventa teatro di una lotta silenziosa. Il tessuto è segnato da nodi — dubbi, resistenze, cicatrici di una volontà forzata.
La gravidanza imposta diventa sottrazione di scelta, un atto di dominio inciso nella trama del corpo.
Il ricamo, imprigionato in un barattolo di vetro, oscilla tra contenimento e visibilità. La sofferenza è esposta, ma irraggiungibile: osservata, mai realmente compresa. Il barattolo diventa una vetrina sociale, dove il dolore femminile è ridotto a ornamento, riconosciuto ma inascoltato.
L’opera interroga l’osservatore sul concetto di controllo, superando la dicotomia vittima-carnefice: qui la coercizione si estende al legame stesso, dove il potere si esercita sul corpo, sulla nascita, sulla libertà dell’altro.
Iboclemea – Agosto 2022
Il titolo dell’opera affiora nello spazio liminale tra sogno e veglia, evocando un non-luogo sospeso, dove il sé primordiale osserva e custodisce le tracce di ogni esistenza. Un archivio invisibile, intrecciato all’energia universale.
Il ricamo riposa in un vaso di cristallo e argento, contenitore dell’indicibile. L’etichetta metallica, vuota, ne sigilla il mistero: il significato sfugge, resiste alla definizione.
Sollevando il coperchio, un occhio si rivela—scrutatore, immobile, circondato da raggi di luce. Al suo interno, una sfera di vetro lattiginoso orbita incessante, bulbo errante di una visione assoluta.
Il centrino, nato quadrato, si dispone in rombo: da figura stabile a forma fluida, adattabile, in perenne trasformazione. Un equilibrio che si fa movimento, come ogni entità superiore è destinata a essere.
Tutto è vano al di fuori di questo cielo infinito – Luglio 2022
Il titolo di quest’opera, tratto da Guerra e pace, allude all’infinitesimale portata delle azioni umane di fronte all’immensità dell’universo.
Un iris si dispiega nel ricamo, simbolo di fiducia e saggezza. Su di esso, un insetto si posa — un tempo bruco, forse nutrito dalla stessa pianta. Parassita o parte del ciclo? L’eterno fraintendimento dell’uomo verso ciò che lo circonda si riflette nel gesto di separare, avvelenare, combattere ciò da cui dipende.
Il ricamo, racchiuso nella scatola che ne amplifica il significato, si fa microcosmo. Un equilibrio fragile, un momento di tregua tra le creature della terra, dove la connessione tra esseri viventi è l’unica via possibile per la continuità.
Un altro giorno sulla terra – Marzo 2022
Quest’opera trae ispirazione dal racconto di Čechov “Brava gente” nel quale fratello e sorella discutono sulla non resistenza al male da due punti di vista antitetici, fino ad allontanarsi irreparabilmente.
Come nel racconto, anche l’opera è strutturata su due piani paralleli e contrapposti. Sia i ricami che la custodia sono speculari ed equivalenti; nessuna delle due convinzioni prevale sull’altra ma esse si compenetrano, come nel concetto cinese di yin e yang, fondendosi e dando vita a un ciclo continuo in cui coesistono.
In un conflitto non esiste una risposta eticamente assoluta; ribellarsi o cedere non sono scelte in contrasto, ma parte dello stesso processo di trasformazione. La realtà non è statica né binaria, ma un sistema di forze interdipendenti che si alternano, si fondono e si ridefiniscono senza mai cristallizzarsi in un’unica verità.
Chi nascerà pesciano – Febbraio 2022
L’opera esplora il rapporto ambivalente tra madre e figlia, un legame fatto di radici e distacco, nutrimento e fuga.
La madre è un archetipo di contraddizioni: appartenenza e identità, memoria e perdita. È il primo rapporto intimo che conosciamo e forse il più intenso; solo attraverso un percorso di separazione che dura tutta la vita è possibile vedere la persona che ci ha generato per quello che veramente è.
I 21 pesci ricamati ne frammentano la personalità in istinto, resistenza, conformismo e fragilità. Sono memorie sfuggenti, impossibili da trattenere, come esemplari da conservare in provette.
La scatola raccoglie elementi eterogenei e simbolici: oggetti taglienti, materiali delicati, resti animali dal valore rituale, amuleti quotidiani. Un archivio intimo e caotico, che tenta di contenere l’incontenibile. Il titolo dell’opera nasce da una filastrocca familiare, ripetuta come una formula di protezione. È il residuo di un pensiero magico, l’eco di una forza instancabile che si scontra con desideri irrealizzati.
”Chi nascerà pesciano / ha la fortuna in mano / con molta forza e ardire / conquista posti e lire / riflette ed intuisce / ma guai se l’atterrisce / l’accumulo dei beni / sorvegli sangue e reni”.
Mostruosità dell’eccesso – Settembre 2021
Ispirata al racconto di Borges Funes il memorioso, l’opera esplora la mente come un archivio sconfinato, un palazzo colmo di stanze inaccessibili, traboccanti di ricordi.
Un accumulo caotico e ossessivo, dove ogni oggetto è un frammento di esistenza impossibile da scartare.
Un incarto di caramella, una chiave, un soldatino rotto: reliquie insignificanti per chiunque, ma porte aperte su mondi personali. Con la stessa logica, la stoffa candida si contrappone all’involucro barocco, un contenitore iperstrutturato, pieno di cassetti da cui emergono tracce mnemoniche. Un sistema che tenta di controllare l’incontrollabile, oscillando tra ordine e smarrimento.
Il re del mondo – Marzo 2021
L’uomo contemporaneo insegue l’illusione del controllo, immerso in un sistema iperconnesso che soffoca l’imprevedibile.
Veste l’abito dell’onnipotenza, ma sotto resta un bambino capriccioso, in lotta contro il caos naturale, incapace di accettarne l’ordine profondo.
Nel tentativo di dominare ogni cosa, il controllo si trasforma in prigione: invisibile ma onnipresente, schiaccia la libertà e soffoca la biologia stessa. Il potere assoluto diventa una gabbia dorata, una supremazia illusoria che si ritorce su chi la esercita.
La vera forza risiede nell’abbandono all’imperfezione, nell’accettare il flusso delle cose senza opporvisi, trovando nella spontaneità un equilibrio più autentico.
Invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori – Marzo 2021
Realizzata un anno dopo il lockdown del 2020, mentre nuove restrizioni minacciavano il ritorno alla vita, quest’opera prende il titolo da un verso di Veronica Shoffstall in After a while.
Come la poesia, il ricamo e la scatola evocano una rinascita: un risveglio consapevole dopo un lungo letargo, un’esplosione di luce e colore. È un inno alla primavera, alla ciclicità della vita che, dopo ogni chiusura, si rinnova con forza intatta.
Il fiore del ricamo si apre come un fuoco d’artificio, mentre sulla scatola una figura alata annuncia la resurrezione con il suono del suo sonaglio. Sul fondo, insetti operosi sgombrano il passato, preparando lo spazio per ciò che verrà.
Saffron – Marzo 2021
Un bulbo di zafferano fiorisce su un ritaglio alto e stretto di un vecchio sudario, vestigia di un passato che ancora respira. Il suo stelo si snoda verso l’alto, in tensione ascensionale, dalle profondità della terra fino alla luce, come un ricordo che riaffiora.
Simbolo di splendore e prosperità fin dall’antichità, il croco racchiude un doppio valore: materia e spirito, benessere e trasformazione. Il suo fiore, ispirato a un’incisione del ‘500, incarna la promessa di crescita, un bisogno ancestrale di elevarsi. Anche la scatola amplifica questo slancio: colori vividi, applicazioni metalliche, una targa recuperata da un vecchio ascensore, testimone di viaggi ripetuti, e un ulteriore segnale dell’urgenza di innalzarsi, oltre il limite visibile.
Giochi ogni giorno – Febbraio 2021
Il titolo di quest’opera richiama l’incipit di una poesia di Neruda: un invito a lasciarsi trasformare dalla vita, come la primavera fa coi ciliegi.
Il ricamo floreale e gli oggetti assemblati si stratificano in una mappa sensoriale: spille da balia che vibrano come interferenze sonore, pigmenti sedimentati in velature cromatiche, monete, foglie, semi, legno. Al centro, uno specchio incastonato in un cuscino di raso rosso – un frammento di luna, un varco percettivo – rifrange il dialogo tra presenza e dissolvenza. Un dispositivo ludico e simbolico, un invito a scivolare nell’instabilità, a riscrivere continuamente il confine tra memoria e trasformazione.
I miei sogni sono come la vostra veglia – Febbraio 2021
Ispirata a Funes il memorioso di Borges, quest’opera indaga la complessità dei percorsi mentali che si affastellano in un flusso ossessivo.
Ogni elemento ne amplifica la struttura: lo sparato elaborato di una camicia, i fili che si diramano come sinapsi, la ripetitività modulare dei ceci sul fondo, il tintinnio delle provette che scandisce il tempo. Al centro, il ricamo della passiflora: un labirinto di petali e stami, il cui profumo avvolge e disorienta.
Un’immersione nell’intricato meccanismo della memoria, tra ordine e vertigine.
Il memorioso – Febbraio 2021
Prima opera del trittico ispirato al racconto di Borges “Funes il memorioso”.
La frase, ricamata su una spessa fettuccia ricavata dal bordo di un lenzuolino vintage di cotone, è pronunciata dalla voce narrante, colpita dalla consapevolezza che ogni sua parola della conversazione con il protagonista resterà impressa per sempre nella sua memoria, come scolpita nella roccia.
Anche l’atto del ricamare trasforma le parole in qualcosa di immanente, quasi eterno, mentre i bottoni di madreperla, cuciti lungo la fettuccia, ne amplificano la permanenza, ribadendo ossessivamente la ciclicità del tempo. Un monito a scegliere con cura le parole, come una preghiera laica alla memoria.
L’uomo elefante – ottobre 2020
Un feto di elefante, simbolo di potenza primitiva e resilienza, sospeso tra il divino e l’estinzione, galleggia nel ventre materno. Come tutte le gravidanze, porta con sé un carico di speranza e paura.
La zuppiera di porcellana, contenitore del ricamo, evoca un utero antico, fragile e forte, che richiama il desinare familiare. Un ombelico metallico, da cui un ramo di rosa scorre come un cordone ombelicale, collega il feto al mondo esterno.
È un simbolo della parte migliore del nostro mondo: memoria, cura, i sentimenti più puri dell’essere umano. Viviamo un’epoca in cui stiamo rischiando di perdere i valori fondamentali, come famiglia, coraggio e altruismo, minacciati dal potere, dal denaro e dalla supremazia di pochi.
Il futuro, come il feto, è puro, privo di ombre, e sta a noi preservarlo. I fili che si intrecciano attorno alla sua figura proteggono un ambiente uterino ovattato, riflettendo la memoria collettiva da tramandare. I colori del rosso, rosa e arancione evocano la luce che filtra dal grembo, simbolo dello scambio con il mondo.
Il ricamo, di grandi dimensioni, ci pone di fronte a una scena viva, di cui siamo testimoni.
Nel fosso – Settembre 2020
Quest’opera esplora il viaggio come fuga dall’ossessione del controllo, ricostruendo l’esperienza sensoriale di una traversata su un vecchio traghetto.
La mappa del ricamo diventa uno strumento per tracciare la rotta, un mezzo per raggiungere obiettivi definiti. La scatola e gli oggetti evocano la spinta dei motori, il puzzo di nafta e lubrificante, i rumori delle macchine e la salsedine che corrode il metallo, in particolare l’atmosfera della sala macchine, il “fosso”.
Il viaggio è meditazione: non una deriva, ma una collaborazione tra uomo e mare per una meta. L’abbandono del controllo mentale avviene attraverso il lavoro manuale, che ci riporta al presente. Il coinvolgimento fisico e l’attenzione all’azione ci riconnettono alle nostre radici, donandoci chiarezza mentale e un senso di continuità con una tradizione umana più ampia.
Naufragare – Agosto 2020
In quest’opera, nella quale vediamo ricamato un tessuto intriso di granuli di ferro, il naufragio non è un atto di violenza, ma una deviazione improvvisa che si trasforma in un rifugio, un asilo dalle tempeste della vita.
La tempesta, lontana dall’essere distruttiva, diventa un’alleata, svelando la bellezza dell’esistenza. Il mare si fa madre, che accoglie e sospinge, cullando il naufrago sulla fragile zattera di fortuna.
Alla deriva, circondati da oggetti recuperati, ora amuleti di fortuna, il viaggio solitario diventa un’esperienza di bellezza, un percorso di riscoperta, in cui la forza della natura offre riparo e salvezza. La mappa del ricamo non è un percorso di ritorno, ma un archivio di esperienze e scoperte, tracce di un viaggio nuovo, in cui il tempo non misura la distanza, ma il cambiamento.
Sottocosta – Luglio 2020
Quest’opera, già nel suo nome, evoca l’immagine di lasciarsi trasportare dalla corrente su una vecchia barca.
Un abbandono totale al flusso, dove tutto si fa calma, dove il tempo scorre senza fretta, dilatandosi in un lento e sereno srotolarsi.
Le conchiglie, i sassi, i semi e i legni raccolti sulla spiaggia diventano frammenti di un racconto silenzioso: un invito a una pausa dalla realtà. Un momento in cui le preoccupazioni e lo stress si dissolvono, il ritmo frenetico della vita moderna viene sospeso, rinviato a un futuro indefinito. Qui, il tempo non è un’entità che incalza, ma una presenza che si distende, un respiro profondo, un abbraccio tra uomo e natura che non conosce urgenza.
Anche se non voglio – Giugno 2020
Questo lavoro esplora la duplice natura degli uccelli: il rifugio del nido e l’impulso irrefrenabile al volo.
Questo richiamo irresistibile ci spinge ad uscire allo scoperto, a seguire l’istinto, a dare forma all’indicibile.
Il ramo di legno, modellato a forma di uccello, veglia sull’uovo racchiuso nella scatola, simbolo di un potenziale inespresso, di un inizio che ancora deve manifestarsi.
La crepa sul coperchio, riparata con cera d’api secondo la tecnica del Kintsugi, ci avverte che ignorare la nostra vocazione apre una frattura nell’anima, che può essere guarita solo ascoltando la voce interiore.
Materna – Agosto 2019
Materna esplora la morte come trasformazione. Il titolo e il ricamo si ispirano ai solchi scavati dal bostrico sotto la corteccia, tracce di un ciclo vitale in cui la fine di un albero genera nuove forme di vita.
Nascita e dissoluzione si intrecciano in un processo continuo: nulla scompare, tutto si rigenera. La scatola, ricoperta di muschio e corteccia, richiama un albero secco, un frammento di natura in metamorfosi. Nella sua forma, l’eco di uno scheletro di uccello: un messaggero del tempo, che segna il ritorno della materia alla terra.
El siempre mar – Novembre 2018
Ispirata a un verso di Borges, quest’opera evoca il mare come forza primordiale, insondabile e sacra.
Il dermascheletro di un riccio di mare, soggetto del ricamo, è avvolto nella stoffa come un’ostia, un reliquiario di una religione pagana. La scatola raccoglie materiali che sembrano offerti dalle onde, un despacho andino per esorcizzarne la furia e invocarne il potere taumaturgico.
Il sale incrostato sul coperchio, la trama della stoffa simile a reti da pesca, le conchiglie all’interno come occhi di una creatura abissale rafforzano il legame tra mistero e devozione.
Soffia vento, vieni naufragio – Ottobre 2018
Abbandonarsi al caso, attraversare la tempesta senza opporre resistenza. Quest’opera è un rito di iniziazione al rischio dell’esistenza.
L’ago incide il tessuto impalpabile, lo tende, lo lacera. La superficie si contrae sotto la forza dei fili, la materia subisce e si trasforma. I fiori del ricamo si piegano alla furia degli elementi, mentre la scatola, violata dai rami, diventa un varco attraversato dal vento. I semi piumati non resistono: si affidano al movimento, si disperdono, si fanno trasporto.
La corona, ultima reliquia del potere, non è più simbolo di dominio, ma di resa. Solo chi rinuncia al controllo può abitare pienamente il mondo.
Scivola – Agosto 2018
L’opera esplora l’adattabilità come forma di intelligenza fluida, la capacità di esistere senza forzare, di trovare soluzioni nel movimento anziché nella resistenza.
L’acqua diventa metafora: si lascia attraversare, assume ogni forma, ma nel suo fluire inarrestabile scava, trasforma, modella persino la roccia. Saper scivolare via da ciò che non conta è un atto di consapevolezza, un gesto di equilibrio tra presenza e distacco.
La trasparenza del vetro rifrange questa duplice natura: fragilità ed elasticità, esposizione e resistenza. Ogni elemento si fa simbolo di una resa consapevole, un adattarsi senza perdere sostanza. Le carpe Koi, emblemi di saggezza e fortuna nella tradizione giapponese, incarnano il moto stesso dell’opera: attraversano le correnti con leggerezza, senza opporsi, ma senza mai smarrirsi.