Lavori
I miei lavori, in ordine cronologico inverso.
Pax humana – Luglio 2024
Questa installazione è composta da sette vessilli dei colori della bandiera della pace.
L’opera vuole mostrare come gli esseri viventi non-umani vivono senza preoccuparsi di dover legittimare il loro posto sulla terra; non sempre pacificamente, ma eventuali scontri sono dovuti a bisogni primari, non a motivi ideologici.
La scelta dei simboli sulle bandiere non è casuale: sono stati selezionati sette REietti, sette emarginati, sette creature non necessarie secondo standard umani, costretti a rivendicare il loro diritto di esistere nonostante il loro ruolo nel cerchio naturale sia indiscutibile, quanto quello degli animali e delle piante che preferiamo e selezioniamo, avvantaggiandoli nella lotta per la prosecuzione della specie.
Il titolo dell’opera nasce dal concetto di Pax Romana, una pace forzata derivante dalla dominazione e il sopruso, e si riferisce al paradosso, tutto umano, di voler tracciare non solo i confini tra i popoli, ma anche il diritto o meno all’esistenza di tutti gli esseri viventi.
Una persona succhiata dal mare – Giugno 2024
Questo lavoro indaga l’identificazione ancestrale dell’uomo con l’infinito movimento del liquido mondo da cui tutti proveniamo.
Il disegno di una bambina di tre anni, affascinata, ma allo stesso tempo terrorizzata dal pericolo di essere risucchiata dalla corrente, è il punto di partenza della riflessione sulla viscerale interdipendenza tra essere umano ed ecosistema.
L’uomo e il mare sono entità affini; ambedue dominati da un’enorme ventaglio di umori, dalla serenità alla furia. Il rumore ritmico del mare è come il battito del cuore; il nostro sangue è salato, liquido e ferroso come l’acqua marina. Il mare può essere un salvifico passaggio, un amico generoso da cui possiamo trarre cibo e salute, oppure, come nell’immaginario della bimba, un furioso elemento assassino che riunisce l’uomo alla natura da cui proviene e lo fonde con essa.
Il remo, sul quale si appoggia il disegno trafitto dai fili del ricamo, rappresenta il tentativo, tutto umano, di controllare il mare; il merletto e la corona la sua regalità e la conseguente soggezione reverenziale che si ha di esso.
Cringe, trollare, ehi bro – Gennaio 2024
Questo trittico esplora il modo in cui internet e i social network stanno modificando la lingua italiana e il modo di comunicare delle nuove generazioni.
Un pesce antropomorfo che nuota in acque torbide è diviso in tre sezioni, sulle quali sono incollati ritagli di pagine di un vecchio vocabolario, a simboleggiare l’identità e la cultura di tutti noi; sulle figure sono ricamati neologismi del gergo giovanile della rete.
Termini come cringe, trollare, o bro, sono appannaggio esclusivo della generazione Z e per lo più incomprensibili a chi supera i vent’anni, ma quotidianamente usati nel privato e sulla rete dai giovanissimi. Come i ritmi della rete sono frenetici, anche le nuove parole diventano contrazioni di frasi per adeguarsi alla fretta di comunicare stati d’animo. Insieme alla musica, agli anime e ai meme, questo modo di interagire contribuisce a creare una sottocultura inaccessibile alle generazioni precedenti.
Se questo da un lato rappresenta un’evoluzione del linguaggio, dall’altro comporta il rischio della perdita della ricchezza della nostra cultura linguistica, anche dialettale, e della conseguente alienazione dalla realtà.
Santi nubi – Maggio 2023
Questo lavoro esplora la relazione ormai distorta tra uomo e natura.
La paura di ciò che è più grande e arcaico ha portato l’uomo a tentare di dominare gli elementi. Questa lotta insensata lo ha reso diffidente nei confronti della natura, dimenticandosi di esserne parte. Quest’opera illustra come gli eventi naturali, pur nella loro straordinaria forza o pericolosità, vengano oggi strumentalizzati e distorti.
Il vortice metallico sul primo strato dell’opera rappresenta il turbinio di informazioni da cui siamo quotidianamente bombardati, che rende impossibile distinguere le informazioni reali da quelle costruite; negli strati successivi lo stesso evento è raccontato attraverso diversi punti di vista, modificato e distorto come in uno specchio deformante. L’ultimo strato è una rete metallica, che con la scusa di difenderci ci impedisce di ricongiungerci alla realtà dei fatti.
Peep show – Marzo 2023
L’opera mostra un seno, ricamato su un fazzoletto di percalle, imbottito di lana racchiusa da una garza, reso più formoso da una protesi realizzata con un cuscino di seta ricavato da una sottoveste. La protesi è fissata dolorosamente con spille da balia che trafiggono la carne.
Il seno, una sineddoche del corpo della donna che si fa concetto dell’archetipo femminile, è racchiuso e costretto in una gabbia metallica, che non ha il compito di proteggerlo ma serve anzi a esibirlo e a metterlo in mostra, simile ai corpetti che la moda imponeva come canone di bellezza.
La gabbia è variopinta come quella di un uccello esotico, ricca di fronzoli e merletti che mettono in risalto la femmina come l’uomo desidera che si mostri per il suo piacere. La donna, vestita come una bambola, è spogliata del potere della creazione per essere relegata a ornamento e trastullo.
Sul coperchio della gabbia incombe un sorta di corona che racchiude una pallottola in piombo di un fucile ad avancarica, incastonata con filo d’argento, quasi fosse un occhio lussurioso che sfiora il capezzolo come una spada di Damocle.
Annodata – Settembre 2022
Quest’opera è una riflessione dolorosa sulla coercizione e il controllo del corpo femminile.
Il grembiule da cameriera, tradizionalmente legato alla sfera del lavoro e della sottomissione, diventa il palcoscenico di una lotta intima e silenziosa contro la manipolazione di un uomo che, forzando la donna a una gravidanza non voluta, le sottrae la possibilità di scegliere.
Ognuno dei nodi è un gelido dubbio, ma anche un grido silenzioso contro la violenza psicologica, una resistenza alla forzatura della volontà. Il barattolo di vetro che contiene il ricamo crea una potente tensione tra l’idea di contenimento e quella di visibilità; il dolore è intrappolato in uno spazio che, pur essendo visibile, rimane fuori dalla portata della comprensione empatica. Il barattolo diventa una metafora della società che osserva la sofferenza delle donne senza agire, come se fosse un oggetto decorativo da mettere in mostra, ma incapace di intervenire realmente.
Il risultato è un’opera che sfida l’osservatore a confrontarsi con il tema del controllo e della libertà perduta, non solo come qualcosa che accade in una relazione tra un uomo e una donna, ma come una costante presente in un contesto relazionale dove sia l’uomo che la donna cercano di piegare l’altro alla propria volontà attraverso la nascita di un innocente.
Iboclemea – Agosto 2022
La parola che dà il titolo all’opera è emersa al mattino tra il sogno e la veglia, come un non luogo parallelo al mondo fisico, nel quale regna il sé superiore, l’essenza primordiale di ognuno di noi, connessa all’energia universale. Esso osserva il percorso di ogni incarnazione e ne conserva memoria.
La custodia del ricamo è un vaso di cristallo e argento, che come quello di Pandora contiene l’imperscrutabile: l’etichetta in metallo che pende sul davanti è vuota, a suggerire che non si può conoscere il contenuto.
Sollevando il coperchio si palesa un occhio scrutatore, circondato da raggi di luce. All’interno del vaso ruota in un’orbita infinita una sfera di vetro lattiginoso, il bulbo dell’occhio che tutto vede.
Il centrino concepito quadrato è adesso un rombo, mutato da figura stabile, equilibrata e solida, in qualcosa di flessibile e adattabile, vitale, in movimento, come un’entità superiore che si rispetti deve essere.
Tutto è vano al di fuori di questo cielo infinito – Luglio 2022
Il titolo di quest’opera è tratto da una frase del romanzo Guerra e pace di Tolstoj e testimonia la pochezza delle azioni degli uomini di fronte all’immensità dell’universo.
Il soggetto del ricamo è un iris, fiore che rappresenta la fiducia assoluta, la saggezza e la speranza, su cui è posato un insetto volante, che una volta è stato un bruco che si è forse nutrito della stessa pianta.
Bruchi e insetti sono considerati parassiti, ladri di cibo, attentatori alla nostra sopravvivenza, nemici da debellare ad ogni costo, anche avvelenando le risorse da cui dipendiamo entrambi. Se riuscissimo a metabolizzare il fatto di essere parte integrante del nostro comune ciclo vitale, capiremmo che dipendiamo dalla collaborazione con queste creature.
Il ricamo, come la scatola che rafforza e amplifica il concetto di ecosistema unico, auspica la pace tra le creature della terra, e ritrae un momento sereno, di accettazione e di immersione nella natura, che ricorda che l’unico modo per prolungare la tregua è capire che tutti gli esseri viventi sono connessi tra loro.
Un altro giorno sulla terra – Marzo 2022
Quest’opera trae ispirazione dal racconto di Čechov “Brava gente” nel quale fratello e sorella discutono sulla non resistenza al male da due punti di vista antitetici, fino ad allontanarsi irreparabilmente.
Come nel racconto, anche l’opera è strutturata su due piani paralleli e contrapposti. Sia i ricami che la custodia sono speculari ed equivalenti; nessuna delle due convinzioni prevale sull’altra ma esse si compenetrano, come nel concetto cinese di yin e yang, fondendosi e dando vita a un ciclo continuo in cui coesistono.
In un conflitto non è possibile giudicare se sia più eticamente giusta la decisione di ribellarsi o quella di subire perché la realtà non è duale ma è un flusso continuo, le energie che la compongono sono in costante trasformazione l’una nell’altra ed è sbagliato vedere l’esistenza divisa in principi fondamentali radicalmente distinti e separati tra loro.
Chi nascerà pesciano – Febbraio 2022
L’opera racconta il rapporto conflittuale e complesso tra madre e figlia.
La madre è una figura archetipica che porta con sé molte contraddizioni: è nutrimento, radici, memoria, appartenenza, e al tempo stesso qualcosa da cui allontanarsi per trovare la propria identità.
È il primo rapporto intimo che conosciamo e forse il più intenso; solo attraverso un percorso di separazione che dura tutta la vita è possibile vedere la persona che ci ha generato per quello che veramente è.
Ricostruire la figura materna da adulti non è diverso dal cercare di afferrare memorie sfuggenti come pesci, da conservare e catalogare dentro provette.
I 21 pesci dei ricami rappresentano le molteplici sfaccettature della sua personalità: un innato istinto di sopravvivenza, il bisogno di sfuggire a ogni costrizione e al tempo stesso di uniformarsi al branco, un’ostinazione quasi autistica da indossare come un’armatura per proteggere la sua estrema fragilità.
La scatola è composta da elementi solo apparentemente casuali o in contrasto tra loro: oggetti acuminati da cui guardarsi, materiali fragili da maneggiare con cura, resti animali come ingredienti rituali per esorcizzarne il mistero, oggetti di uso quotidiano come amuleti per carpirne l’essenza.
La filastrocca da cui prende origine il titolo, sentita pronunciare dalla madre dell’artista innumerevoli volte fin dall’infanzia, racchiude tutta la forza del pensiero magico di una donna che ha dovuto aggrapparsi alla volontà per andare avanti nella vita crescendo da sola tre figli, senza però riuscire a realizzare ciò che desiderava.
”Chi nascerà pesciano / ha la fortuna in mano / con molta forza e ardire / conquista posti e lire / riflette ed intuisce / ma guai se l’atterrisce / l’accumulo dei beni / sorvegli sangue e reni”.
Mostruosità dell’eccesso – Settembre 2021
Questa terza opera ispirata dalla lettura del racconto di Borges “Funes il memorioso” esplora un territorio inviolato, per molti versi ancora un mistero insondabile: la mente umana e i suoi meandri.
Prendendo spunto dallo scritto, l’opera immagina la mente come un grande palazzo le cui stanze traboccano di ricordi che evocano emozioni, episodi, traumi e speranze. Ognuno di noi è il custode del magazzino di un accumulatore seriale che non riesce a liberarsi di ogni tipo di cianfrusaglie scaturite dalla somma degli istanti di una vita.
Come decidere quali ricordi siano più importanti? Per ognuno di noi un incarto di caramella, una chiave, un soldatino rotto diventano autentici tesori, perché sono porte che aprono mondi. Con questa logica misteriosa la candida semplicità della stoffa è accostata, in evidente contrasto, all’insieme barocco dell’involucro di carta ricco di colori, disegni e cassetti da cui estrarre oggetti che rappresentano la mente del protagonista, al tempo stesso sconnessa e puntigliosa nel tentativo di controllare l’incontrollabile.
Il re del mondo – Marzo 2021
L’uomo contemporaneo, immerso in un mondo globalizzato e iperconnesso, si affanna a cercare di controllare ogni aspetto della sua esistenza: il tempo, le relazioni, la natura stessa.
Questa spinta a dominare tutto assume un aspetto ridicolo: il sovrano moderno indossa l’abito dell’onnipotenza, ma sotto si nasconde il bambino che vuole che tutto funzioni esattamente come ha deciso, rifiutandosi di accettare il salvifico caos che governa il mondo naturale, e opponendosi ad esso in una lotta infantile contro l’imprevedibile, una continua negazione del disordine naturale che sfugge al controllo, spesso con esiti distruttivi e autodistruttivi.
La libertà individuale si dissolve sotto il peso di un controllo che sembra invisibile, ma è onnipresente, insidioso, un sistema che non lascia spazio alla nostra biologia. La ricerca spasmodica di un potere assoluto diventa una gabbia dorata, un atto di supremazia che non è altro che una prigione mentale, un regime soffocante per chi ne è vittima.
Il vero potere risiede nel riconoscere l’imperfezione come elemento costitutivo della vita stessa e concentrarsi sulle soluzioni per immergersi e adattarsi al flusso delle cose, con fiducia e serenità.
Invece di aspettare che qualcuno ti porti fiori – Marzo 2021
Il titolo di quest’opera, realizzata un anno dopo il lockdown del 2020, mentre venivano minacciate nuove restrizioni contro il desiderio comune di ricominciare a vivere liberamente, è tratto dal verso di una poesia di Veronica Shoffstall, “After a while”.
Come la poesia, il ricamo e la scatola descrivono la volontà di intraprendere una rinascita, scaturita dalla conquista di una consapevolezza recentemente acquisita che obbliga a rifiorire, dopo un sofferto periodo di letargo, per ricoprirsi di luce e colori. È un inno alla primavera, a una pasqua pagana, all’esaltazione della ciclicità della vita, che dopo ogni fase di chiusura esplode con un innato carico di potenzialità ancora vergini.
Il fiore del ricamo esplode come un fuoco d’artificio, fino al brulicare di vita che rende omaggio alla figura alata che sovrasta il coperchio della scatola, annunciando con il suo sonaglio l’arrivo di una resurrezione, mentre sul fondo insetti laboriosi rimuovono i resti del passato.
Saffron – Marzo 2021
Questo ricamo rappresenta un bulbo di zafferano fiorito. Il suo fiore colorato si inerpica su un ritaglio alto e stretto ricavato da un vecchio sudario.
Il simbolismo esoterico del croco, fin dalla parola araba sa’fran, che significa “splendore del sole”, richiama ricchezza materiale e spirituale; ma anche benessere, gioia e felicità. Donare zafferano fin dai tempi antichi era augurio di una vita lunga e prospera.
Il bulbo, ispirato a un’incisione di un erbario del 1500, si srotola lungo tutta l’altezza della pianta fino ai petali, nella tensione di ascendere verso la luce del sole. Dalle profondità della terra il bisogno di farsi luce sembra protendersi verso l’alto: una promessa di crescita personale sia terrena che celeste.
Anche la scatola ribadisce questo concetto nei colori sgargianti e nelle applicazioni metalliche; la targa incollata su uno dei suoi lati, recuperata da un vecchio ascensore, è un ulteriore riferimento all’impellenza di innalzare se stessi.
Giochi ogni giorno – Febbraio 2021
Quest’opera deve il suo nome all’incipit di una poesia di Neruda, in cui il poeta dice all’amata di voler fare a lei ciò che la primavera fa ai ciliegi.
Tutto è incentrato sull’amore per la vita, sulla celebrazione dei momenti vissuti allegramente, evocati dal ricamo floreale e dagli oggetti che compongono la scatola; le spille da balia che corrono sul bordo inferiore del ricamo tintinnano e luccicano. I colori sgargianti degli strati di pittura a olio, le monete, le foglie, i semi, il legno, e lo specchio sul cuscino di raso rosso, simile a una luna piena, richiamano i diversi aspetti dell’esistenza, dai più profondi ai più futili, che la rendono degna di essere vissuta.
È un’esortazione al gioco, alla leggerezza, all’importanza di ricordarsi di vivere lasciandosi cullare con fiducia dalla corrente.
I miei sogni sono come la vostra veglia – Febbraio 2021
Secondo lavoro ispirato al racconto di Borges “Funes il memorioso”. Fin dal titolo, che richiama una frase pronunciata dal protagonista, quest’opera esplora la complessità dei percorsi mentali che si affastellano in modo ossessivo.
Ogni elemento ribadisce questo concetto: lo sparato particolarmente elaborato di una camicia; i fili che si diramano dalla scritta verso l’esterno come collegamenti sinaptici che uniscono pensieri e associazioni di idee; la ripetitività modulare dei ceci sul fondo della scatola; il suono tintinnante delle provette che scandiscono il tempo; persino il ricamo della passiflora, un intricato labirinto di petali e stami, dal profumo penetrante che lascia quasi frastornati.
Il memorioso – Febbraio 2021
Prima opera del trittico ispirato al racconto di Borges “Funes il memorioso”.
La frase, ricamata su una spessa fettuccia ricavata dal bordo di un lenzuolino vintage di cotone, è pronunciata dalla voce narrante, colpita dalla consapevolezza che ogni sua parola della conversazione con il protagonista resterà impressa per sempre nella sua memoria, come scolpita nella roccia.
Anche l’atto del ricamare trasforma le parole in qualcosa di immanente, quasi eterno, e la presenza di bottoni di madreperla di foggia e dimensioni diverse, cuciti in fila per tutta la lunghezza della fettuccia, ribadisce con cadenza maniacale la permanenza e l’unicità delle lettere nel tempo, come una preghiera laica a monito di selezionare attentamente le parole da usare e a pesarne il significato.
L’uomo elefante – ottobre 2020
Il feto di un elefante, figura ancestrale che simboleggia potenza primitiva ma anche calma e resilienza, in molte culture identificato come una figura divina, e al tempo stesso braccato e portato sull’orlo dell’estinzione, galleggia nel ventre materno. Come tutte le gravidanze porta con sé un carico di speranza e paura.
La zuppiera di porcellana nella quale il ricamo è racchiuso rappresenta un utero antico, fragile e forte allo stesso tempo, che parla di desinare familiare, ed è provvista di un ombelico metallico attraverso il quale passa un ramo di rosa, come un cordone ombelicale che protegge il feto e lo collega con il mondo esterno.
Vuole rappresentare la parte migliore del mondo in cui viviamo, la memoria, la cura per il prossimo, i sentimenti più puri dell’essere umano. Viviamo un momento storico cruciale, nel quale stiamo rischiando di perdere i valori di base come il concetto di famiglia, di coraggio, di altruismo, di protezione della specie a causa dei continui attacchi alla nostra stessa sopravvivenza in nome del potere, del denaro, della supremazia di pochi su molti.
Il futuro, come il feto nell’utero, è puro, privo di qualsiasi accezione negativa, e sta a noi salvaguardarlo perché possa mantenersi tale.
I fili che si intrecciano attorno alla sua figura si infittiscono per proteggerlo in un ambiente uterino placido e ovattato e rappresentano la memoria collettiva da consegnare alle generazioni future. La scelta dei colori nelle tonalità del rosso, del rosa e degli arancioni suggerisce la luce che filtra attraverso le pareti del grembo materno e lo scambio con il mondo esterno.
Il ricamo è di grandi dimensioni per dare la sensazione di essere di fronte a una scena reale di cui siamo testimoni.
Nel fosso – Settembre 2020
Terza opera della serie degli arcipelaghi, nei quali si esplora il tema del viaggio come sollievo dall’ossessione del controllo.
A differenza di Sottocosta, che ritrae uno scorcio calmo e ozioso, come quello di una barca a vela ormeggiata a breve distanza dalla terra, e di Naufragare, che suggerisce l’affidarsi alle forze della natura, la raccolta spontanea delle risorse in una situazione imprevista, quest’opera ricostruisce l’esperienza sensoriale della traversata su un vecchio traghetto, e in particolare le suggestioni della sala macchine, che in gergo viene chiamata il fosso.
La mappa del ricamo diventa strumento per raggiungere obiettivi prefissati, per tracciare con precisione la rotta stabilita; la scatola e gli oggetti evocano la spinta dei motori, il tanfo della nafta e del lubrificante, i rumori delle macchine, la salsedine che corrode il metallo.
È ancora viaggio come meditazione; in questo caso non è più vagare, ma collaborazione tra uomo e mare per raggiungere una destinazione. L’abbandono del controllo mentale è raggiunto attraverso il lavoro manuale che permette di entrare in uno stato di presenza nel momento presente. Il coinvolgimento fisico e l’attenzione concentrata sull’azione ci riconnettono con le nostre radici restituendoci chiarezza mentale e un senso di continuità e di appartenenza a una tradizione umana più ampia.
Naufragare – Agosto 2020
Secondo lavoro del trittico degli arcipelaghi (insieme a Sottocosta e Nel fosso), anch’esso realizzato su tessuto macchiato con granuli di ferro.
Il naufragio non è qui inteso come esperienza violenta e drammatica, ma come svolta imprevista che si trasforma in un rifugio rassicurante dove trovare asilo dalle avversità della vita.
La tempesta, che sembrava forza distruttiva, diventa invece un’alleata, che aiuta a scoprire la bellezza di essere vivi. Il mare è una madre che sostiene e accoglie, cullando con il suo respiro ondoso il naufrago adagiato su un’imbarcazione di fortuna.
Alla deriva su una zattera, circondati da oggetti recuperati dal mare che diventano preziosi amuleti, la navigazione solitaria si trasforma in un’esperienza di bellezza e scoperta di sé, nella quale l’uomo trova riparo e salvezza nella forza della natura.
La mappa del ricamo non è la rotta da ritrovare per tornare alla vita precedente, ma il resoconto delle esperienze accumulate e delle scoperte annotate nel corso del nuovo viaggio intrapreso.
Sottocosta – Luglio 2020
Primo di tre ricami che compongono la serie degli arcipelaghi (insieme a Naufragare e Nel fosso), che ritraggono delle mappe immaginarie realizzate ricamando tessuti precedentemente macchiati con acqua e granuli di ferro.
Gli arcipelaghi sono mondi paralleli, tutti e tre incentrati sul tema del mare, paesaggi della fantasia nei quali perdersi per ritrovare la propria rotta.
Questo arcipelago già a partire dal nome evoca il lasciarsi trasportare dalla corrente su una vecchia barca; qui tutto è tranquillità, scorrere sereno, e lento srotolarsi del tempo. Le conchiglie, i sassi, i semi, anche i legni raccolti sulla spiaggia, ci raccontano di una piacevole pausa dalla realtà, dove le preoccupazioni, lo stress, i ritmi frenetici della vita moderna possono essere messi in pausa e rimandati a un non meglio precisato domani.
Anche se non voglio – Giugno 2020
Questo lavoro prende il nome da un verso molto conosciuto di una canzone di Lucio Battisti.
Ricamo e scatola raffigurano la duplice natura degli uccelli, divisa tra la sicurezza del nido e l’istintivo bisogno di librarsi in volo, e vogliono descrivere quei momenti della vita nei quali si viene travolti da un impulso incontrollabile, in questo caso il bisogno di fare arte.
Questo richiamo irresistibile, come i fischietti usati per stanare gli animali nel sottobosco, spinge ad uscire allo scoperto per seguire il proprio istinto.
Il ramo di legno a forma di uccello veglia sull’uovo racchiuso all’interno della scatola: simbolo di un nuovo inizio con tutto il suo potenziale non ancora realizzato.
La crepa sul coperchio della scatola, riparata con una colata di cera d’api a imitare l’arte giapponese del Kintsugi, ci avvisa che trascurare la nostra vocazione apre nell’anima una pericolosa frattura, che può essere sanata solo dando ascolto alla voce interiore.
Materna – Agosto 2019
Materna è incentrata su uno dei temi fondamentali, la morte come fine dell’esistenza terrena, e prende il suo nome, e il disegno del ricamo, dalle gallerie scavate dal bostrico sotto la corteccia degli alberi dove nascono e crescono le sue larve.
Nel ciclo di trasformazione della natura nascita e morte sono intimamente legate: la fine dell’albero determina l’inizio di nuove vite e la sua sostanza si trasforma per generare altra materia. Un cerchio perenne, in cui nulla si crea e nulla si perde, ma tutto diventa qualcosa di nuovo.
La scatola di metallo ricoperta di muschio e corteccia ricorda nell’aspetto e negli odori un albero secco, ed evoca vagamente lo scheletro di un uccello, come un messaggero che annuncia la decomposizione, il decadimento, e la degradazione della materia che torna terra.
El siempre mar – Novembre 2018
Questa opera, una delle prime realizzate, esplora il tema del mare, che sarà successivamente ripreso nel trittico degli arcipelaghi.
Il suo nome è ispirato a un verso di Borges, e come nella poesia, il mare è un nume primordiale, una forza ancestrale che trascende l’esistenza dell’uomo e sfugge ai suoi tentativi di comprenderlo.
Il dermascheletro di un riccio di mare, che è anche il soggetto del ricamo, è avvolto dalla stoffa come un’ostia o un oggetto sacro di una religione pagana.
Tutti i materiali che rivestono la scatola evocano il mare, come tesori portati dalle onde raccolti in una cerimonia andina del despacho, che esorcizzi la sua furia e invochi il suo potere taumaturgico.
A rafforzare il concetto, il sale incrostato sul coperchio, la stoffa del ricamo che ricorda le reti dei pescatori, e l’interno della scatola ricoperto di conchiglie che sembrano occhi di una creatura abissale.
Soffia vento, vieni naufragio – Ottobre 2018
Quest’opera trasmette il messaggio che solo coloro che non hanno paura possono sperimentare l’esistenza in tutta la sua grandezza.
Il titolo cita un’invocazione pronunciata dal personaggio di Macbeth, che perde tutto cercando di forzare la sorte; solo quando abbandona finalmente il controllo, accettandone le conseguenze, scopre la vera essenza della vita.
La violenza dell’opera dell’ago sul tessuto impalpabile, tirato e corrugato dai fili, la lacerazione dei suoi bordi strappati, rappresentano la furia degli elementi, a cui i fiori del ricamo non si sottraggono, anche a costo della propria incolumità. Anche la scatola trafitta dai rami, come attraversata dalla vita stessa, e i semi piumati portati dal vento, simboleggiano l’abbandonarsi al corso degli eventi confidando nel naturale scorrere delle cose.
La corona, simbolo di regalità, diventa la consacrazione di chi ha il coraggio di vivere la vita con la leggerezza del gioco.
Scivola – Agosto 2018
Questo lavoro è incentrato sulla capacità di adattarsi e trovare soluzioni senza forzare le situazioni.
Il titolo dell’opera è tratto dal film Fight Club, nel quale il protagonista si identifica in un pinguino che scivola via dai problemi lungo una distesa di ghiaccio a evidenziare “la capacità di lasciare che ciò che non ha importanza scivoli”.
L’acqua, pur lasciandosi attraversare docilmente e acquisendo la forma di ciò che la contiene, è però inesorabile nel suo fluire libera, aggirando e attraversando ogni ostacolo, ed è in grado di cambiare la forma anche della pietra o dell’alveo in cui scorre.
La presenza di tanti oggetti di vetro che interagiscono tra loro simboleggia la trasparenza, la ricerca della verità, dell’autenticità e della chiarezza, ma anche la fragilità e la vulnerabilità di fronte alle avversità e alle sfide della vita, la capacità di assumere qualsiasi forma senza rinunciare alla sua essenza, la caratteristica di lasciar passare la luce e rifletterla o anche aumentarla.
Le carpe Koi, pesci resistenti e adattabili, simboli di saggezza e fortuna nella cultura giapponese, rappresentano la perseveranza di fronte alle difficoltà. Con la loro capacità di scivolare e guizzare dentro le correnti sono l’incarnazione dell’abilità di compiere grandi imprese senza timori.