Le 14.40.
– Il numero 431 è pregato di avvicinarsi adesso
la sala è sconfinata, mi ricorda una stazione ferroviaria o quelle grandi piazze tedesche col cielo plumbeo. Fa fresco, in un modo non del tutto piacevole.
Sono questi i posti che preferisco, tanta gente ma non troppa folla, altrimenti non capisco bene le conversazioni, o peggio ne colgo pochi tratti discontinui.
Una coppia, lei bella e dall’aspetto giovane, ma più vecchia di lui. Lo guarda con l’aria di chi pensa di avere di fronte qualcuno più intelligente di se stesso. Sembra volergli chiedere qualcosa, ma esita, guarda da un altra parte, sorride.
Mi avvicino leggermente, sono concentrati l’uno sull’altra, non si accorgeranno di me. Si accostano allo sportello, l’impiegata di turno ha l’aria seccata e la voglia di chiamare subito il 432. Le porgono un cartoncino azzurro.
– Ho ricevuto l’avviso di presentarmi a questo sportello dice lei.
– Attenda.
La madre di famiglia con foulard scende dal trespolo e sparisce dietro una porta a vetri. L’occasione imperdibile per chiacchierare con l’uomo che la incuriosisce così tanto.
– e quindi com’era Monica?
– scontrosa, frivola e testarda.
– e perché l’hai lasciata?
– era troppo frivola.
– il fatto che fosse scontrosa e testarda non ti dava noia?
– ottima deduzione.
– allora se io fossi scontrosa e testarda non ti dispiacerebbe.
– tu sei scontrosissima e testardissima.
– e ti piace.
– sì.
– e non sono frivola.
– sì lo sei.
– allora mi lascerai!
– no.
– perché?
– adoro la tua frivolezza.
Lei vuole sposarlo, il prima possibile.
– e invece com’era Davide?
Eccola diventata la preda nel gioco che aveva cominciato lei; il foulard non riappare all’orizzonte. Respira profondamente.
– era ovviamente l’incarnazione di mio padre. Distante, totalmente immerso nel lavoro, depresso. Mi amava moltissimo, a suo modo“.
– e perché lo hai lasciato?
la foulardata non riappare all’orizzonte.
– perché – fa una pausa e sembra opacizzarsi – perché all’improvviso ho iniziato a pensare ecco cosa succede a desiderare una vita semplice: che ti ritrovi sulla sdraio del Titanic in un salotto vuoto in una casa grande, in un improbabile paese in provincia di qualcosa, ad aspettare che il forno sia abbastanza caldo per cuocerci il pane. E l’uomo con cui hai affrettatamente deciso di passare tutta la vita è lontano anni luce, immerso in se stesso, e diventato un compagno di giochi in un gioco che non è un gran divertimento, e poi è anche troppo vecchio per essere giocato.
– sulla sdraio del Titanic.
Ed ecco, come la bandiera del settimo cavalleggeri, il foulard che torna trionfante con una grossa busta.
Ormai devo mollare. Ma ho abbastanza materiale per immaginare il prosieguo dei suoi pensieri.
La prima volta che hanno fatto sesso lui sembrava dare per scontato che la cosa dovesse andare in quella direzione e lei era indispettita e attratta da tutta quella sicurezza.
Ha pensato “non puoi scoparmi come una qualunque“, e poi ha detto “scopami come una qualunque“, e questo ha dimostrato alla sua parte paranoica che tra loro non si sarebbe mai instaurata l’abitudine, che cioè avrebbe potuto essere ogni volta una donna diversa, che sarebbe stata in grado di esserlo.
Ma lui ha voluto la stessa donna ogni volta, e con questo ha messo a tacere le voci nella sua testa, comprese le musichette che la accompagnavano di notte, quando si impegnava faticosamente a dormire. E appena nella sua testa si è instaurato il silenzio il suo corpo ha cominciato a parlare, e da allora ogni volta che è stata con lui è andata così.
Una coppia ancora nella fase felice, oggi sono stata fortunata.
Mi ripassano vicino andando via.
– non ti avevo mai visto stanco come stanotte. Sono andata a fare un giro e non te ne sei neanche accorto
– sì, sì Lui sorride e guarda in basso.
Va beh.
Ora di tornare alla base.
Questo mio bisogno di carpire le conversazioni altrui è forse maniacale? Ogni volta che lo faccio, premeditatamente, scegliendo luoghi e vittime, studiando l’abbigliamento più anonimo possibile per non essere notata, mi sento un vampiro, sazia e colpevole. Ho rubato un piccolo pezzo di vita altrui, continuerò a speculare sui loro volti e sugli infiniti multiversi nei quali potrebbero incamminarsi; appariranno anche nei miei sogni.
Decido di prendere la metro per tornare a casa; è uno dei luoghi che preferisco, un groviglio di brevi dialoghi.
Scrivi un commento