Abbiamo letto Philip K. Dick e ci siamo sentiti intelligenti, anticonformisti, magari anche un po’ profetici. Abbiamo guardato Blade Runner con la colonna sonora di Vangelis e ci è sembrato bello, poetico, affascinante.
Lo è, certo. Ma era anche un avvertimento.
Ora eccoci qui, nel 2025. Non ci sono ancora le macchine volanti (anche se ci stanno lavorando), ma ci sono le città dove le persone non si parlano più, occhi elettronici sparsi ovunque, algoritmi che sanno di noi più di noi stessi. L’iperconnessione ci rende esausti, la velocità, ci consuma; la solitudine: una nuova povertà, strana, sfuggente, non solo economica — ma spirituale, relazionale, cognitiva.
Una povertà di tempo buono, di presenza, di senso. Siamo finiti dentro uno scenario che si sovrappone terribilmente a quello che la letteratura e il cinema di trent’anni fa avevano immaginato come distopia. Solo che non c’è stato nessun suono, nessun allarme, nessuna sirena a segnare il passaggio. Ci siamo scivolati dentro. Uno scroll alla volta. Un aggiornamento software alla volta. Un “accetto i cookie” alla volta.
E adesso? Come si fa a restare umani in tutto questo? Io non ho risposte definitive, ma so che le mani sanno cose che la mente ha dimenticato. Che un ago e un filo possono essere strumenti di riconnessione, non solo con un pezzo di stoffa, ma con un ritmo diverso, con un tempo più vero, con una parte di noi che non ha mai smesso di respirare piano, anche se noi ce ne siamo dimenticati.
Ricamare, disegnare, modellare, cucire, zappare, impastare, costruire — non importa cosa — sono tutte forme di resistenza silenziosa. Di presa di posizione. Non urlata, non eroica, ma testarda. Quasi ostinata. È il nostro modo per dire: non ci avete ancora presi del tutto.
E poi, ogni tanto, scrivere. Anche solo poche righe. Anche solo per fissare un momento che altrimenti si perderebbe nel flusso continuo. Un appunto sul bordo della realtà. Forse è questo il vero gesto punk oggi: rallentare. Non diventare un’estensione della macchina. Non cedere al cinismo. Continuare a cercare piccoli varchi. Piccoli fuochi.
Forse chi è qui in questo momento a leggere li sta già cercando. Forse possiamo trovarli insieme, mentre il mondo là fuori si resetta.
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