Non so se quel giuramento che ti feci a diciassette anni sia diventato un privilegio o una maledizione.
“Alice in wonderland” – Madhatter Concept Art by Michael Kutsche – ©Disney Enterprises Inc.
Alla fine avere ancora quell’età dentro adesso mi sta devastando. Troppa emozione per un cuore maturo, troppe montagne russe e troppo respiro bloccato. Ma se tornassi indietro sarei disposta al vivere attenuato, al fuoco tiepido nel petto, alla serena accettazione di ogni cosa? Sempre se potessi, cosa che non è, senza l’aiuto di roba che ti spegne, e non posso. Non ho mai voluto questo, non lo voglio. Questo cuore che arde furiosamente però mi sta consumando fisicamente e non so quanto ancora durerò.
È pieno di sacerdoti dell’accettazione di ciò che è, ma ecco, dentro di me so che la saggezza può includere questa scelta. Devi essere disposto a barattare un pò di tempo, qualche anno che tanto altrimenti sarebbe inutile vissuto galleggiando nel nulla, nella pura sopravvivenza. Osare, osare, osare. Rischiare la pelle per questo, ma avere in cambio urla, rabbia, vita selvaggia, sangue bollente che pulsa a mille non acqua cheta e sussurrante. Ma si può? È permesso tutto questo? È blasfemia? Sicuro rende invisi ai più. Pochi amici, e spesso stizziti.
Ma voglio spiegare. Perché non spiego mai e questo mi tiene in un continuo stato di allerta. Per stare sereni il tempo va vissuto lineare, il passato deve allontanarsi sbiadendosi progressivamente, avvolgersi in una nebbia protettiva che rende sopportabile il dolore ma attutisce anche la forza di ciò che è stato di bello. La nebbia non è selettiva.
Se invece prendi tutti i momenti nei quali hai avuto il cuore in una morsa, belli e brutti, le morti inaspettate, lo struggente amore non ricambiato, l’esagerata empatia verso la sofferenza altrui, la mano dell’uomo che ti ferma il respiro che ti sfiora la mano per la prima volta, il tuffo dalle rocce quando decidi di farlo anche a costo di morire, l’importanza del singolo momento come se fosse l’unico che vivrai.
E li metti tutti insieme uno sopra all’altro come fogli di carta velina annullando la linea temporale. L’intensità di ciò che avrebbe potuto essere quasi supera ciò che è perché ha in sé tutte le potenzialità senza il peso del quotidiano che non fa che tentare di rallentare la tua corsa folle verso l’abbandono dell’avventura fisica che hai intrapreso.
Tutto questo si sovrappone a ciò che è, non che lo svilisca ma lo rende troppo vivido come una luce insopportabile, odori che penetrano ogni angolo della tua vita. La tempesta ha un senso solo se non dura tutto il tempo? Emozioni o equilibrio? Perdere il controllo o prendere il controllo? E a che prezzo. Io non lo pagherò.
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