Questi primissimi giorni del 2023 mi vedono masticata e risputata inspiegabilmente viva dall’anno che è appena finito. Ho vissuto alcuni mesi in lotta con me stessa, fino a quando finalmente qualche giorno fa ho individuato la ferita dalla quale sanguinavo e sanguino. Adesso non mi resta che osservare bene questo dolore, conoscerlo, abbracciarlo, e venirci a patti.
Questo percorso è stato alleviato da tante cose belle che mi circondano. In primis dalla famiglia e dagli amici: le persone che ti amano per ciò che sei e che credono in te anche se cadi e piangi. Poi il ritmo, che ho imparato dalla scuola steineriana, è stato fondamentale. Ti àncora a terra, ti ripara dalle bufere. E gli odori, che sempre di più, andando avanti negli anni, mi rendono evidente come il tempo non sia che una mera illusione. L’odore di giocattoli nuovi. Di litigio. Di pausa. L’odore delle 7 della sera, l’energia calma del riposo, del rientro a casa, delle chiacchiere con i propri cari.
E infine da una bellissima novità che mi ha regalato il fiume al quale sempre più sto imparando ad affidarmi, rinunciando con sollievo alla mania di controllo che a tutti noi viene insegnata dalla più tenera infanzia. Un flusso vitale che in questo caso è stata personificato da Barbara Pavan, curatrice e collezionista presente ovunque nel mondo ci sia arte legata alla tessitura di ogni tipo.
Grazie a lei e alla sua pazzesca energia creativa e capacità organizzativa uno dei miei lavori, l’uomo elefante, sarà esposto insieme a quelli di altri 23 artisti provenienti da diversi paesi del mondo in una mostra internazionale dal titolo “Appunti su questo tempo” che il comunicato stampa definisce così:
“Da queste premesse è nata questa mostra che, come recita il titolo, è un’esplorazione del nostro tempo, delle sue contraddizioni, delle sue vittorie e delle sue sconfitte; un racconto affidato ad ago e filo e restituito all’osservatore attraverso il talento di artisti impegnati ad indagarne le luci e le ombre, ad affrontarne le sfide e a leggerne le molte sfumature. Dalla resistenza politica ai nuovi equilibri tra esseri umani e natura, dai flussi migratori alla propaganda, dalla malattia all’identità, dalla guerra al consumismo compulsivo, il ricamo diventa qui, punto dopo punto, il lessico per dar voce alla contemporaneità e per fornirci un punto di osservazione altro della realtà che ci circonda.”
L’esposizione sarà inaugurata il 21 gennaio alle 18 in uno spazio che pare uscito dai miei sogni: si chiama CasermArcheologica e dal 2017 ha sede in un antico palazzo nobiliare nel centro storico di Sansepolcro, in provincia di Arezzo, dedicato all’arte contemporanea, alle residenze artistiche, all’aggregazione sociale che coinvolge in primis i giovani ragazzi del territorio.
Le sale del palazzo Muglioni sono state ristrutturate con una delicatezza e un’intelligenza rare: l’aspetto è rimasto decadente, l’antichità dell’edificio traspare ovunque, ed è bellissimo il contrasto tra la storia del luogo e la modernità dell’arte che si intrecciano, dando forza l’una all’altra. Non avrei potuto immaginare un posto più bello per esporre un ricamo per la prima volta. O forse l’avevo immaginato proprio così, quando molti anni fa, in tempi non sospetti, creai una galleria virtuale per i lavori della mia vita precedente, ambientata sul terrazzo di un palazzo di Roma, a San Giovanni.
Dire che sono emozionata è poco. La mostra continuerà fino al 15 aprile, e non vedo l’ora di conoscere gli altri artisti tessili e vedere le loro opere esposte. Spero di vedere lì qualcuna delle persone che segue il mio lavoro, ho visto che ce ne sono tante che vivono fuori dall’Italia.
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