“Come faccio a far smettere tutto questo dolore. È troppo e ingiusto per una persona sola.”
Sono le quattro del mattino e mi tiene sveglio perché ha bisogno di aprire la sua anima, dispiegarla e guardarla dall’esterno. Non lo fa spesso ma quando lo fa non riesco a fiatare perché so che se non riuscirà a farsene una ragione si ammalerà. Ormai tutti lo sanno. Non si fa e basta.
Cerca di accettare il destino di chi le è infinitamente cara, dopo essere fuggita da lei che la amava ferocemente, mentre ogni singolo giorno cercava di strappare alla vita più di quello che aveva, in una folle scalata al riscatto da ciò che sentiva come un’ingiustizia inaccettabile; e lei odiava (odia? Adesso che nuota nella confusione lotta ancora? È sempre lei?) l’ingiustizia sopra ogni altra cosa.
E per combattere il torto di essere nata in una condizione diversa da quella che pretendeva e sentiva di dover avere, l’ha vista fare, con gli occhi megalomani e impotenti di bambina, tutto quello che una persona che sta affogando fa, annaspando e tirando giù anche chi cerca di portarti in salvo, nell’impeto di respirare.
E quando non respiri ogni gesto è giustificato, anche non tornare dai tuoi figli la sera, anche odiare chi ti ostacola, bruciare vivo chi ti fa del male, umiliare chi torna da te in ginocchio implorandoti di perdonarlo, credendo che quella sia la giustizia, e che la giustizia, che forse è soprattutto orgoglio e vendetta e voglia di insegnare agli altri come si dovrebbe vivere, che tutto questo venga prima della serenità tua e dei tuoi figli.
“Come faccio a fermare il dolore, a far riformare la pelle? Allontanarmi è un palliativo e non basta, non basta non basta. Il suo dolore è dentro di me. Non solo il suo, quello di tutti, dei bambini torturati, degli anziani inermi e affamati che a fine mercato vanno a cercare gli scarti nei rifiuti, di chi perde un figlio, tutto il dolore del mondo. Se faccio finta di non sentirlo mi scava dentro in silenzio, e mi ucciderà.
Devo trovare il modo per smettere di sentire tutto questo, senza diventare una demente come sta facendo lei. O perderò la vista perché non voglio vedere e il senno perché non voglio sentire. C’è troppo dolore in questo mondo, forse se riesco a trovare pezzi di gioia posso metterli insieme ed espanderli e vivere senza dovermi strappare ogni giorno di dosso l’ansia e vivere immersa nel presente e solo nel presente.”
Le gatte graffiano la porta di mezzo per entrare. Le dico che abbiamo appena scavallato il solstizio e da adesso le giornate cominceranno ad accorciarsi. Che lo trovo poetico.
“Ma perché? È orrendo! Non sei normale.”
“Non è orrendo. Mima la vita. La rende accettabile. Ti fa sentire parte del tutto, dà un significato all’invecchiare, lo rende possibile. Non ci pensi mai?”
“A cosa? A invecchiare? Ma no! Manco morta.”
“Beh ti mette in una pessima posizione. Tua madre non era in grado di invecchiare e adesso è chiusa in un limbo inaccessibile.
Ad ogni modo è inevitabile. Nei prossimi giorni avremo sempre meno luce, in questo consiste l’estate. Nel lento avvicinarsi al buio. Spacca il cuore da quanto è bello.”
Mi si chiudono gli occhi ma mettermi giù adesso sarebbe inappropriato e troppo egoista anche per uno come me. La abbraccio a lungo, le asciugo le lacrime e le dico che vado a fare una camomilla. Mi immergo nella rete e sguazzo tra pdf che collegano i numeri ricorrenti agli angeli, gente che dipinge con il vino rosso e un fighissimo blog sulle fermentazioni che però mi salvo e cercherò di studiarmi domani in un ritaglio di tempo.
Come si fa a non amare tutto questo ben di dio. È il mio sogno fatto realtà: invisibile in un mondo infinito di persone che chiacchierano tra loro in ogni lingua possibile, di ogni argomento esistente, un’immensa biblioteca di Babele.
Faccio una gran fatica a mollare tutta questa bellezza ma verso la camomilla, spengo la luce, richiudo le gatte e torno da lei. È già immersa in un sonno indeciso. Vagherà anche stanotte in posti sconosciuti dove si perde senza poter comunicare con nessuno e case labirintiche invase dall’acqua, che sale sempre di più. Ha scritto qualcosa, in un foglietto piegato sul comodino. Lo leggo, ovviamente.
Sei come un sole che sta tramontando
Confusa, indignata, ancora recalcitrante
Bagliori di luce improvvisi squarciano l’orizzonte
Colorano il mare
La tua bellezza, la tua forza
Sono ancora evidenti
Il riflesso della tua energia mi inonda
Mi commuove e ti ammiro
Come sempre ti ho ammirata
E amata
E quanto mi hai squarciato il cuore
Diventa buio
E non c’è nulla che tu possa fare
Fino a domani
Non capisco chi non vuole complicazioni. Io le voglio le complicazioni. Le complicazioni sono l’anticamera della verità.
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