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Valle del Merse

Vero e vero, falso e falso.

Quando viene da me è parti di sé affrontate. Collimano.
A un piccolo aggiustamento certo, con qualche sfrido di cristallo inciso.
Mi devo proteggere a volte le dita e se il lavaggio è impreciso dopo minuti ancora riluco di cristalli nei pori.
Lo ricompongo, alla fine guardata.

E gli altri?
Angolati, non vedono che il mio, riflesso nei colori, sempre il mio volto. Perché questo dovrebbe farmi triste? È il mio volto.

Lui tacere, io aggiungere storie mie e altri infiniti odiosi.
Stasera che sono stanca, sfoco e dimentico a tratti la mia riflessione, poiché ometto di integrare mancanze.

Soppeso piombi portanti.
Quale aiuto chiedere, io sono la sua finestra lucente.
Io sono rosone, calcare bianco staccato dalle cave. Colonne! Alla fin fine capriate e volte cadono, io sono pietra.

E lui?
Cristallo. Cristallo, anche vetro in punti secondari.
È allegorico, che male può farmi?

La bella San Galgano prende l’acqua del cielo, non quella benedetta nei battisteri, pioggia.
Ma il rosone resiste sempre. Le sassate sono un trauma ridicolo, utile per cambiare luce che viene tra i banchi.

Ora forse comincio a credere che è tempo di fionde.

A San Galgano, io cammino sola sull’erba tra i banchi spariti e non ci sono tracce di pavimento. Il cielo del soffitto assente lo avvito e comprimo nel rosone vuoto.
Addensa.

E come possono non capire perché io mi ferisco con le schegge?
Loro non si sono mai accorti di non poter osservare e comprendere tutte le nuvole e per questo, magari sono migliori, non cercano cornici delimitanti.

Possono giudicare loro, mi aspetto che tu non lo faccia amico mio.
Sai che punto un punto spento di cielo, buio.
Accontentarmi di riflettere sporadiche candele da obolo di supplica?

Magari in poche ore del giorno, in pochi giorni, mi siano concesse schegge di vetrate precedenti. Diversamente combinandole, lasciate che ne faccia riflessi.

Non fanno male all’erba.

 






Sifnos

Mangiando
e bevendo vino bianco
ascoltiamo
la frase
ripetuta del mare.
Mentre tu
stai dividendo
il paradiso
dall'inferno,
lasciandomi in bilico.

Siamo qui
in un blu
bruciato dalla luce,
in silenzio
sposti
le montagne
della ragione,
spazzi via le certezze.

L'isola
è una donna sdraiata,
il vento accarezza
il suo corpo
e il tuo
al posto mio.
Siamo entrati
a sentire
odori d'incenso
e di preghiere
all'ombra
di un monastero;
sono rimasto in silenzio
a guardarti guardare
e tacere,
ma non sono riuscito
a sentirti
i pensieri.

In un punto isolato
sentivo
il tuo cuore inaridirsi,
il mio scoppiare.
C'era una canzone
che ho scordato
in questa mia nuova
lingua.
Così vicino a te
da sentirti
respirare,
ma in esilio
dall'amore.

Sentivo le onde
frusciare
come un animale
che dorme.
Calmo.
Tranquillo.
Ignaro.
E facevo tacere
la mia tempesta.
Mi accontentavo
di una bugia.
In un punto indeterminato
qualcosa bruciava
e qualcosa moriva.

Una barca passava
e io rimanevo.

Parigi 19-20 marzo 2002

 











Da McDonalds
Al bancone un uomo coi due figlioletti e la cassiera

UOMO: Quale volete? Quello cor pollo?

BAMBINI: Sì... no papà...

UOMO: No o' volete quello cor pollo? quello grande? Royal Deluxe?

BAMBINI: Sì...

UOMO: Signorina allora mi dia pure due Royal Deluxe

CASSIERA: Va bene

BAMBINI: No papà, un altro...

UOMO: No o' volete? Volete n'artro?

BAMBINI: Quello come quello tuo papà

UOMO: Com'ar mio? Quello grosso?

BAMBINI: Sì

UOMO: Allora mi faccia tre Maxi
Big Royal Deluxe per favore

CASSIERA: Ma... forse sono un po' pesanti per i bambini, c'è dentro tutto eh... la cipolla...

UOMO: No no, va bene va bene, nun se preoccupi, magnano tutto loro, so' normali.


luca photoblog

 








Lieve

Sarai rimorso, pianto, sete.
Sarai la doccia che rinfranca
e incenso che dipinge spezie.

Umida calma di mattine luminose
legno sotto alle mie dita
ripetuti lenti gesti di preghiera.

Sarai piccole rincorse scalze
per spiccare brevi voli a piedi nudi.
Consolatrice muta, di rimproveri taciuti.

Vento, per far tremare le mie foglie
e grano, ad aspettarne i frutti.

Sarai ogni volta nuova
pesca matura, via lattea, gemma.
Sarai ancora la primavera dei tuoi occhi,
morbido atterraggio di fortuna.

Sarai la notte
che notte dopo notte
viene.


zac photoblog